domenica 26 maggio 2019

Costruttivismo e memoria

Costruttivismo e memoria


Costruttivismo

In psicologia e in psicologia clinica il costruttivismo è un approccio derivante da una concezione della conoscenza come costruzione dell'esperienza personale anziché come rispecchiamento o rappresentazione di una realtà indipendente.
Nell'ambito della matrice epistemologica costruttivista, viene messa in discussione la possibilità di una conoscenza "oggettiva", in quanto sapere totale che rappresenti, in modo fedele, un ordine esterno indipendente dall'osservatore; la stessa osservazione diretta dei fenomeni non è più considerata fonte privilegiata di conoscenza obiettiva.
Le prime dirette conseguenze riguardano l'impossibilità di una distinzione netta tra colui che osserva e chi è osservato, perché entrambi si definiscono come tali attraverso la reciproca interazione. Ciò che viene osservato non sono cose, proprietà o relazioni di un mondo che esiste indipendentemente dall'osservatore, bensì delle distinzioni effettuate dall'osservatore stesso, in seguito alla propria attività nell'ambiente.
Spesso, questo approccio che si contrappone certamente ad una visione positivistica della scienza, viene considerato come una minaccia per la razionalità e per la scienza intesa come visione "unica" della realtà e della verità. Ma, come si è già affermato, può essere considerato congruente con i più recenti sviluppi dell'epistemologia, anche di quelli solitamente accettati dagli stessi scienziati naturali


Memoria

Ricordare, memorizzare, rimembrare, rammentare… sono tanti i termini sinonimi che nella nostra bella lingua ci parlano di memoria. Una memoria “senza fine”, quale quella umana, che non smette mai, neppure un attimo prima di spegnersi definitivamente, di lavorare. Possiamo immaginare il nostro cervello come una sorta di enorme archivio, che non diventa mai troppo piccolo. Per quante cose continuiamo ad apprendere nella vita, per quante esperienze viviamo direttamente o di cui sentiamo parlare, per quanti libri leggeremo o persone conosceremo, ci sarà sempre uno spazio per tutto. Ma come funziona questo strumento straordinario situato nella nostra testa, che assorbe tutto ciò che ci proviene dal mondo esterno, elaborandolo dentro di noi, e lo cataloga in modo certosino tanto che facilmente adoperiamo, per descriverlo, la metafora dei “cassetti”? Ebbene, in modo schematico possiamo iniziare dicendo che la memoria umana è “trina”. Tre sono le memorie che dipendono da altrettante aree del cervello. Vediamole.

Memoria di lavoro. Ritiene le informazioni che servono per uno scopo preciso, ad esempio delle istruzioni, che poi andranno in automatico, tra cui andare in bicicletta, suonare uno strumento musicale, legarsi le scarpe. La memoria di lavoro è gestita dal cervelletto

Memoria a breve termine. Ritiene poche informazioni per un periodo di tempo limitato, circa un minuto, senza che tale informazione venga elaborata in alcun modo. Questa memoria, controllata dalla porzione prefrontale del cervello, è “volatile” per natura, a meno che noi non decidiamo di attribuire valore e importanza a quella nuova informazione “fissandola” nella memoria a lungo termine. Un esempio tipico della memoria a breve termine? Il nome di qualcuno quando ci viene presentato. La maggior parte delle persone non presta attenzione – a meno che non vi sia un interesse specifico – a questa informazione, e così dopo un po’ l’abbiamo bella e che dimenticata.

Memoria a lungo termine. Ecco la memoria “vera”, quella che dura nel tempo e che struttura i ricordi. Essa viene processata nell’ippocampo del lobo temporale, e si attiva, naturalmente, quando noi intendiamo memorizzare qualcosa in modo volontario. Ha una capacità praticamente illimitata e una “durata” ugualmente senza fine. La memoria a lungo termine conserva concetti così come immagini, e fatti, vissuti in prima persone o letti, visti, ascoltati.

La memoria umana viene spesso, proprio come il cervello tout court, paragonata ad un muscolo da allenare, e in effetti è proprio così. Nel paragrafo conclusivo scopriremo in quali modi è possibile potenziale le nostre capacità cognitive e mnemoniche, ma intanto una precisazione che a volte tendiamo a scordare, per restare nel campo semantico della memoria: il nostro modo di ricordare è selettivo. Ciò significa che sebbene in teoria il nostro archivio mnemonico sia immenso, in realtà i nostri ricordi, quelli che ci girano in testa, sono molto pochi, perché tendiamo a rinforzare solo le informazioni che ci servono o su cui ci interessa focalizzarci. Per questa ragione è molto facile ragionare per stereotipi, anche se siamo le persone più democratiche del mondo. Uno stereotipo è una semplificazione che si basa su pochi dati usati per descrivere un singolo soggetto, poi estesi all’intero gruppo di appartenenza in modo rigido e così diffusi e tramandati “a memoria” d’uomo. Ne abbiamo in mente tutti almeno uno. Lo stereotipo ci serve per immagazzinare un’informazione facile su qualcosa che non abbiamo conosciuto direttamente, e può essere positivo, per esempio, i tedeschi sono precisi e affidabili, o, più facilmente, negativo, per esempio, gli italiani sono tutti mafiosi. Quando memorizziamo uno stereotipo, di solito non ce ne accorgiamo, lo facciamo solo per praticità, per avere una “scheda” in archivio su un argomento di cui sappiamo poco, o nulla. Tutti siamo vittime di stereotipi: perché farci un’idea diretta, elaborata, complessa su qualunque cosa o persona è impossibile. Una volta memorizzato lo stereotipo è difficile da estirpare, proprio perché ormai archiviato e dato per buono, non ci verrà in mente di decostruirlo, di metterlo in discussione e sostituirlo, anche quando ormai siamo perfettamente in grado di farlo.

Il falso ricordo, confabulazione, o false memorieo confabulation, nella tradizione di studi americana, è un ricordo non autentico, o perché del tutto inventato, o perché derivante da altri ricordi reali, ma in parte alterati. Un falso ricordo può crearsi anche per aggregazione: da varie memorie distinte possono essere estrapolati frammenti che nella mente umana vengono ricombinati insieme.
La memoria umana non funziona come una videocassetta il cui nastro può essere riavvolto e rivisto, consentendo ad ogni visione di rivivere gli eventi sempre nello stesso ordine. Al contrario, i ricordi sono soggetti ad una ricostruzione continua ogni qualvolta vengono richiamati in memoria, cosicché diversi elementi della traccia mnemonica possono essere modificati, aggiunti o eliminati dopo ogni nuova rievocazione

L’oblio ed il deterioramento della memoria

L'oblio rappresenta la dimenticanza intesa come fenomeno non temporaneo, non dovuto a distrazione o perdita temporanea di memoria, ma come stato più o meno duraturo, come scomparsa o sospensione del ricordo con un particolare accento sullo stato di abbandono del pensiero e del sentimento.
L’ oblio è l’incapacità di riprodurre e ricordare i contenuti appresi e, nella tradizionale interpretazione della psicologia generale, esso è il frutto di un progressivo indebolimento dei depositi mnesici.
Nella teoria psicanalitica, invece, l’oblio è concepito come il risultato di un processo difensivo di rimozione contro l’emergere di contenuti mnemonici sgraditi; difatti, Sigmund Freud identifica l'oblio come una delle facoltà difensive della mente umana che tende a rimuovere contenuti e pensieri ritenuti minacciosi, i quali rimangono inconsci e repressi.

L’ oblio rappresenta la dimenticanza intesa come fenomeno non temporaneo, non dovuto a distrazione o perdita momentanea di memoria, ma come stato più o meno duraturo, come scomparsa o sospensione del ricordo con un particolare accento sullo stato di abbandono del pensiero e del sentimento.
La prima ricerca sull’oblio è stata condotta dallo studioso tedesco Ebbinghaus che, usando se stesso come soggetto dell’esperimento, apprese un numero sterminato di liste di sillabe senza significato, per verificare quante ne avrebbe dimenticate col passare del tempo. Dimostrò che, quando si apprendono sillabe senza senso, l’oblio passa da una condizione molto rapida ad una molto più lenta, intuendo che la sua funzione fosse approssimativamente logaritmica.
 Tuttavia, quando si passa da studi di laboratorio a studi naturalistici, la situazione che emerge è molto più ottimistica: si è trovato, ad esempio, che si dimentica ben poco del vocabolario e della grammatica di una lingua straniera e che si ricordano abbastanza bene facce e nomi. Appare quindi evidente che il ricordo percorre strade molto individuali.

Nella memoria umana la perdita dell'informazione che caratterizza l’oblio, può avvenire in uno qualsiasi dei diversi processi di memorizzazione: codifica, ritenzione e recupero, e diversi sono i fattori che possono determinarlo, primo fra questi il trascorrere del tempo. Molto importante è anche il ruolo dell'attenzione: se infatti non ne prestiamo abbastanza nel momento di codifica dell'informazione, sarà più difficile in seguito recuperarla.
Anche i fattori emotivi possono interferire con la memoria: è stato provato, per esempio, come l'ansia determini una stimolazione distraente che indebolisce la capacità di ricordare; a tal proposito, Freud ha enfatizzato l’importanza dei suddetti fattori in quanto avvenimenti avvertiti come minacciosi, o causanti ansia, spesso non riescono ad accedere alla sfera della consapevolezza.

Sono significative inoltre le interferenze di altri ricordi; l’interferenza può essere proattiva, se ciò che dobbiamo memorizzare viene ostacolato da ricordi o eventi simili precedenti, oppure retroattiva se l'informazione nuova ostacola la ritenzione di ciò che era già stato memorizzato.

L'oblio può avere anche cause organiche come traumi cranici o danni cerebrali; la malattia più nota che riduce la capacità di memoria, soprattutto nelle persone anziane, è il morbo di Alzheimer. Siamo però consapevoli del fatto che, a prescindere da malattie cerebrali degenerative, col passare del tempo la memoria sbiadisce e, nell’esperienza quotidiana, non si può fare a meno di constatare come, a volte, la memoria non sia efficace. L’insuccesso può essere temporaneo o definitivo, dimenticando completamente oppure ricordando, in maniera confusa e del tutto insoddisfacente, concetti che erano stati studiati a fondo con dispendio di tempo.
patologie della memoria
L'amnesia indica la perdita o diminuzione notevole della memoria e può essere estesa a tutti i ricordi o parziale, transitoria o stabile, anterograda o retrograda.
L’
amnesia indica la perdita o diminuzione notevole della memoria, sia generale, estesa cioè a tutti i ricordi, sia parziale, limitata a determinati ricordi, nomi; nel linguaggio medico si distinguono: l’amnesia lacunare, che colpisce isolatamente gruppi di ricordi; l’amnesia retrograda, che inibisce la rievocazione di ricordi precedenti l’avvenimento che l’ha causata; l’amnesia anterograda, che provoca l’incapacità di ricordare fatti successivi all’evento vissuto.

Si può parlare di depressione in senso clinico quando sono presenti sintomi consistenti in un abbassamento del tono dell'umore: il depresso sente sé stesso, la propria vita, la realtà circostante in maniera spiacevole e dolorosa. Sono presenti sentimenti di tristezza, di abbattimento, di pessimismo e di dolore.



biblioteca di babele di Borges

L'universo, che altri chiama la Biblioteca, si compone d'un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile. Venticinque vasti scaffali, in ragione di cinque per lato, coprono tutti i lati meno uno; la loro altezza, che è quella stessa di ciascun piano, non supera di molto quella d'una biblioteca normale. Il lato libero dà su un angusto corridoio che porta a un'altra galleria, identica alla prima e a tutte. A destra e a sinistra del corridoio vi sono due gabinetti minuscoli. Uno permette di dormire in piedi; l'altro di soddisfare le necessità fecali. Di qui passa la scala spirale, che si inabissa e s'innalza nel remoto. Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze. Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita, io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l'infinito... La luce procede da frutti sferici che hanno il nome di lampade. Ve ne sono due per esagono, su una traversa. La luce che emettono è insufficiente, incessante.a

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