domenica 26 maggio 2019

Comportamentismo

Comportamentismo

Introspezione

L' introspezione è l’osservazione dei fatti di coscienza, compiuta dal soggetto mediante la registrazione autonoma delle proprie esperienze.

Un importante sociologo, fisiologo e filosofo che osservò questo fenomeno, era Wilhelm Maximilian Wundt. Wundt è stato, per l’appunto, uno psicologo, fisiologo e filosofo tedesco ed è divenuto per la storia della psicologia "il padre fondatore" della disciplina, grazie al suo contributo teorico e sperimentale.

Un altro importantissimo psicologo, era, come già stato nominato in precedenza, Ivan Petrovič Pavlovè stato un fisiologo ed etologorusso, il cui nome è legato alla scoperta sui cani del riflesso condizionato, da lui annunciata nel 1903.

Watson fu il fondatore del behaviorismo americano.

Col tempo, si è tracciata una distinzione tra behaviorismo:
- metodologico: ignora la "coscienza" e sostiene lo studio oggettivo del comportamento 
- dogmatico: nega affatto la coscienza, è perciò una forma di materialismo metafisico.


Pavlov, invece, è un esponente del ‘900 e la sua tesi caratteristica è quella del riflesso condizionato
Egli era un fisico, non uno psicologo, e stava conducendo degli studi sul corpo. In particolare, egli voleva sapere quali fossero gli elementi costitutivi del succo gastrico
Utilizzò come cavia un cane; inserì nella cavità nasale dell’animale un sondino che gli permetteva di prelevare quanto usciva dallo stomaco. 

Si trovò di fronte ad un problema: se il cane era digiuno, dal sondino non usciva nulla, se il cane aveva mangiato, dal sondino usciva del succo gastrico, ma accompagnato dal cibo. 
Ebbe allora, l’idea di incidere il ventre dell’animale e legare l’ultimo tratto dello stomaco con uno spago. Qui inserì il sondino e notò che nel momento in cui si avvicinava all’animale per farlo mangiare, usciva del succo gastrico, ma notò anche che l’animale iniziava a salivare
Abbandonò allora lo studio del succo gastrico per dedicarsi alla salivazione
Incise la ghiandola salivare del cane, infilò il sondino e notò che non appena si avvicinava per dargli il cibo, la saliva iniziava a fuoriuscire. Giunse alla conclusione che ad uno stimolo naturale, il cibo, corrisponde una risposta naturale, la salivazione.

Padre del condizionamento operante, invece, è stato Frederic Skinner. Burrhus Frederic Skinner è stato uno psicologo statunitense altamente influente nell'ambito del Comportamentismo. Fu anche scrittore, inventore, sostenitore di riforme sociali e poeta.
è stato uno dei più influenti psicologi del ventesimo secolo, incidendo un grande capitolo nella teoria psicologica e nell'applicazione clinica. Famosissimi i suoi esperimenti, tra cui la Skinner box, che gli permisero di formulare le leggi sul condizionamento operante, uno dei più influenti psicologi del ventesimo secolo nell’ambito del comportamentismo. Il suo principale interesse fu comprendere come il comportamento umano vari in relazione alle diverse modificazioni ambientali. Per questo divenne il padre del paradigma del condizionamento operante.
È stato professore di Psicologia alla cattedra "Edgar Pierce" dell'Università di Harvard dal 1958 sino al 1974, anno in cui andò in pensione.
Fondò la tradizione di ricerca psicologica dell'"analisi sperimentale del comportamento", in cui definì e articolò metodologicamente la frequenza di presentazione dei comportamenti manifesti come variabile dipendente nella ricerca psicologica, sviluppando così i contributi teorici e sperimentali precedenti del Comportamentismo classico di John Watson con particolare attenzione al "Condizionamento Operante".
Nel corso degli anni sviluppò il proprio punto di vista in relazione alla filosofia della scienza, noto come comportamentismo radicale. La sua analisi teorica del comportamento umano culminò con il lavoro interpretativo "Verbal Behaviour", nel 1957, focalizzato sul comportamento linguistico; il modello skinneriano di apprendimento è stato fortemente criticato da Noam Chomsky. In Verbal Behaviour Skinner espose dettagliatamente la metodologia basica sperimentale che condusse alle sue scoperte, che chiamò l’analisi sperimentale del comportamento. In seguito alle applicazioni di questa scienza dell’educazione, e degli altri argomenti inerenti al comportamento sociale, dall’analisi del comportamento, si arrivò a quello che ora è conosciuto come analisi comportamentale applicata.
Tra le innovazioni metodologiche che propose, inventò la camera di condizionamento operante, nota anche come "Skinner Box", e il Cumulative Recorder, uno strumento utilizzato per misurare la frequenza dei comportamenti durante la sua ricerca, ritenuta fondamentale in psicologia sperimentale e applicata, sulle "Schede di Rinforzo".
In un sondaggio del 2002 Skinner è stato giudicato il più influente psicologo del ventesimo secolo.


l'apprendimento secondo il comportamentismo
Il "comportamentismo" è la scuola che si è molto diffusa negli USA, dagli anni '20 ai '70, che mette da parte i concetti come "io" e "coscienza" e circoscrive la psicologia sia animale sia umana allo studio del comportamento. 
Questo modello prende in considerazione solo gli aspetti osservabili della psiche, ossia i comportamenti e trascurano gli aspetti introspettivi che sfuggono all’osservatore.
Al contrario di Wundt, Pavlov e Watson sostenevano che lo studio della coscienza era troppo legato alle impressioni soggettive e pertanto non verificabile.

Si sviluppò il comportamentismo.
Acquista importanza l’apprendimento che può essere:
o  ClassicoPavlov
o  operante,di Skinner: si poteva produrre l’apprendimento usando i rinforzi che possono essere negativi o positivi
Inoltre, per l’apprendimento ha notevole importanza l’apprendimento sociale, ossia l’imitazione.
Il modello comportamentista si propone come una branca, oggettiva e sperimentale, delle scienze naturali. 
Esige di offrire la probabilità di raggiungere la spiegazione dei fenomeni psichici di ogni organismo animale, a condizione di togliere ogni cenno a concetti o "entità" non suscettibili di prova sperimentale. 
Pretende di lasciare ogni richiamo introspezionistico o mentalistico, di cercare chiarimenti solo sui materiali di fatto osservabili e in linea di principio stimabili, al punto che si potesse realizzare lo scopo principale della psicologia stessa: la previsione e il controllo del comportamento. 
Sotto tale aspetto, è evidente come pensiero e sentimento fossero interpretati, essi stessi, come comportamento implicito: il primo è un discorso implicito o sublocale; il secondo si riduce a reazioni viscerali implicite.

Il modello comportamentista ha dato due esiti fondamentali:
- teorie della "contiguità", ovvero di stimolo e risposta (Watson e Guthrie)
- teorie del "rinforzo" (Thorndike, Skinner, N. Miller)
Solo successivamente, grazie agli studi di Tolman, Hull e Osgood, si avrà un’apertura anche agli aspetti simbolici e cognitivi e verrà reintrodotta la separazione, seppur cauta, tra realtà fisica e intellettuale.


John Broadus Watson è stato uno psicologo statunitense, padre del comportamentismo.
Scoppiato uno scandalo nel 1920 per via della relazione che aveva intrapreso con una propria studentessa nonché collaboratrice di venti anni più giovane di lui, fu costretto a dimettersi da professore universitario; in seguito, venne ingaggiato come vicepresidente di una agenzia pubblicitaria.

l'apprendimento del linguaggio e la crisi del paradigma comportamentista

È facile notare con quanta facilità i bambini apprendano il linguaggio, senza ricevere, se non saltuariamente, insegnamenti specifici e diretti da parte degli adulti. Questo è dovuto al fatto che essi nascono già con forti predisposizioni, a livello di percezione di suoni e stimoli e di capacità interattive, volte a favorire l'apprendimento del linguaggio. Ad esempio, i neonati sono particolarmente sensibili alla voce della madre, e, più in generale, tendono ad orientare testa e sguardi verso fonti da cui proviene la voce umana. A tre mesisono già in grado di riconoscere la voce dei genitori e distinguere fonemi differenti. Infatti, i bambini imparano prestissimo a distinguere i suoni che appartengono alla loro lingua e suoni “non linguistici”, apprendono che le cose hanno dei nomi, così come le persone, e, soprattutto, comprendono l'esistenza di un'intenzione comunicativa, apprendono cioè come il linguaggio sia utilizzato per comunicare qualcosa. Tali abilità sono alla base della competenzacomunicativo-linguistica dei bambini.
I bambini dunque dimostrano una notevole competenza innata nella percezione del linguaggio, ma alla nascita si trovano invece svantaggiati per quanto riguarda la possibilità di produrre suoni linguistici: infatti l'apparato vocale dei neonati non è strutturato in modo da poter emettere tali suoni. È solamente dopo i quattro mesi che il bambino inizia a produrre le cosiddette lallazioni, suoni molto semplici, dati dall'associazione consonante-vocale, che saranno poi seguite dal gergo espressivo, meno ripetitivo rispetto alle lallazioni e caratterizzato da intonazioni che rispecchiano quelle del linguaggio adulto. Si passa poi alle prime parole.
Naturalmente prima di poter imparare e quindi riprodurre una parola il bimbo deve essere in grado di riconoscerla e associarla correttamente al suo significato. Questa operazione è facilitata dall'atteggiamento verbale che spontaneamente gli adulti assumono quando parlano con dei bambini piccoli, si parla lentamente, usando frasi brevi e semplici, con molte domande, separando molto distintamente le parole tra loro, questa modalità linguistica, volta appunto a facilitare il compito dei bambini di riconoscere le singole parole all'interno della frase, comune a tutte le lingue e a tutte le culture, si chiama maternese.
Quando i bambini iniziano effettivamente a utilizzare le parole queste assumono il significato di un'intera frase, e vengono pertanto chiamate olofrasi. Con il termine olofrase si intende dunque un'espressione tipica del linguaggio infantile formata da una sola parola che vuole significare concetti, detta protodichiarativa, o richieste, detta protorichiestiva,che un adulto esprimerebbe con una frase più o meno complessa; di conseguenza a seconda dell'intonazione, delle circostanze e della gestualità che l'accompagna, una stessa parola può assumere significati diversi.

A partire dall’inizio degli anni ’60, all’interno del movimento comportamentista, cominciarono a svilupparsi nuove tendenze che iniziarono ad occuparsi della mente e dei processi che ne scandiscono l’attività. Rientrano tra i protagonisti di questo spostamento graduale dal comportamentismo al cognitivismo Clark L. Hull e Edward C. Tolman.
Il modello di Hull
Il modello di apprendimento elaborato da Hull si caratterizza per una strutturazione ipotetico-deduttiva che ha lo scopo di sistematizzare la psicologia proprio come lo sono la matematica e la logica formale contemporanee, sulla falsariga dei Principia Mathematica di Whitehead e Russell. Hull definì infatti la sua teoria come matematica-deduttiva, per indicare non solo che essa utilizza il metodo ipotetico-deduttivo, ma soprattutto che tale metodo viene utilizzato in maniera rigorosamente quantitativa. Il metodo è infatti di tipo formale e, partendo da principi indefiniti e definizioni, si sviluppa poi in postulati, corollari, teoremi e problemi. I postulati vengono enunciati prima in forma verbale, poi in notazione logica simbolica formale e infine spiegati e corroborati da esempi sperimentali. I teoremi sono enunciati, poi dimostrati per derivazione matematica da definizioni e postulati, poi sottoposti, quando è possibile, a test sperimentale.
Apprendimento latente
L’opera di Tolman è paradigmatica invece del passaggio da concezioni di tipo comportamentista a idee cognitiviste.
Tolman introdusse difatti all’interno del paradigma comportamentista il concetto di apprendimento latente, espressione che lo studioso esplicitò per la prima volta nel suo articolo del 1930 Introduction and removal of reward, and maze performance in rats.
L’apprendimento latente intendeva mettere in crisi il concetto di uguaglianza fra prestazione e apprendimento presa a principio dai comportamentisti precedenti. Tolman condusse infatti alcuni esperimenti su tre gruppi di topi all’interno di un labirinto. Il primo gruppo riceveva del cibo come rinforzo, il secondo gruppo invece non riceveva alcun tipo di rinforzo, mentre il terzo riceveva un rinforzo solo a partire dal dodicesimo giorno di prove. Lo studioso si rese conto che i topi del secondo gruppo, quelli senza rinforzo, non imparavano mai a completare il labirinto, mentre i topi del primo gruppo, con rinforzo immediato, e del terzo gruppo, quelli a rinforzo posticipato, riuscivano a percorrere interamente il labirinto non manifestando differenze di prestazioni. Tolman giunse pertanto alla conclusione che i topi apprendevano anche in mancanza di rinforzo, ma tale apprendimento si manifestava in una prestazione corretta solo ed esclusivamente in presenza del rinforzo stesso, altrimenti non si sarebbe verificata l’uguaglianza di prestazione tra i topi a rinforzo immediato e i topi a
rinforzo differito di alcuni giorni.
Nel sistema di Tolman dunque l’apprendimento non si risolve in una semplice associazione di tipo stimolo-risposta, ma si configura in termini di raggiungimento di una meta, o oggetto-meta, di una serie
d’impulsi esplorativi iniziali, impulsi cognitivi iniziali, edell’acquisizione di una serie di adattamenti conclusivi all’oggetto, cognizioni finali.
Introducendo i concetti di “scopi”, “aspettative”, “mappa cognitiva”, Tolman si discosta evidentemente dalla maggior parte del comportamentismo precedente aprendosi a concetti sempre più di stampo cognitivista che ritroveremo, anche se in forme diverse, nella psicologia della Gestalt. Del comportamentismo rimane comunque nel sistema di Tolman la metodologia e il punto di partenza, ovvero il comportamento osservabile.
Per "stile cognitivo" si intendono le differenze individuali durature ed interamente coerenti nell'organizzazione e nel funzionamento cognitivo. Il termine si riferisce  sia alle differenze individuali nei principi generali dell'organizzazione cognitiva, agli aspetti della semplificazione  e della coerenza, sia alle varie tendenze soggettive,  internamente coerenti, quali l'intolleranza all'ambiguità,  la memoria per un particolare tipo di esperienze che non  si riferiscono al funzionamento cognitivo umano generale. Riflette differenze di personalità e differenze genetiche ed esperienziali nelle capacità e nel funzionamento  cognitivo; e, di fatto, opera una mediazione tra motivazione ed emozione, da un lato, e cognizione, dall'altro. Tuttavia, una seria carenza metodologica,  comune a molte ricerche in questo campo, è il fatto che  la generalità di funzione, all'interno del compito e tra i  compiti, delle misure che usano per lo stile cognitivo, le  sue determinanti e le sue conseguenze funzionali, non è  stata adeguatamente individuata. E' da discutere, quindi, se queste misure siano davvero indicative di tratti  cognitivi stabili e generalizzati.
Molte variabili dello stile cognitivo riflettono differenze  individuali rispetto a talune proprietà o caratteristiche  generali dell'organizzazione e del funzionamento cognitivo che caratterizzano gli esseri umani, quali l'immagazzinamento delle informazioni e i vari processi. Tali tendenze si verificano lungo le stesse linee e si applicano a  tutti gli individui a tutte le età, ma in particolari persone  sono marcatamente più o meno accentuate. Tra le varie caratteristiche generali dell'organizzazione e del funzionamento cognitivo, già considerato in questo volume,  sono:
a. la tendenza a seguire il principio della differenziazione  progressiva, nell'acquisizione che il discente fa di settori  conoscitivi completamente nuovi, o di nuove componenti di settori già familiari,
b. la tendenza al riduzionismo o alla semplificazione, allo  scopo di alleggerire il peso delle cose da conoscere, che  si manifesta nei processi di astrazione, formazione di  concetti, categorizzazione, generalizzazione e assimilazione obliterativa;
c. la tendenza a raggiungere una maggiore coerenza interna o congruenza di significato con la struttura cognitiva, attraverso la dimenticanza selettiva o il fraintendimento selettivo di nuove idee non familiari o contrastanti con i contenuti già presenti nella struttura cognitiva.
Con l'espressione stile cognitivo, peraltro usata spesso genericamente e in maniera tutt'altro che univoca, si intende una modalità di elaborazione dell'informazione che si manifesta in compiti diversi e addirittura in settori diversi del comportamento. Come il termine stile suggerisce, si tratta di caratteristiche cognitive che sono globali, o perlomeno diffuse, nel senso che si rilevano non solo nel funzionamento cognitivo dell'individuo, ma anche nei suoi atteggiamenti, nei modi di rapportarsi agli altri o di reagire a situazioni inconsuete, e così via: così, si parla di stile dipendente o indipendente dal campo, riflessivo o impulsivo, convergente o divergente, ecc., con una varietà di denominazioni che non contribuisce certo a una concettualizzazione unitaria.

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