domenica 26 maggio 2019

Costruttivismo e memoria

Costruttivismo e memoria


Costruttivismo

In psicologia e in psicologia clinica il costruttivismo è un approccio derivante da una concezione della conoscenza come costruzione dell'esperienza personale anziché come rispecchiamento o rappresentazione di una realtà indipendente.
Nell'ambito della matrice epistemologica costruttivista, viene messa in discussione la possibilità di una conoscenza "oggettiva", in quanto sapere totale che rappresenti, in modo fedele, un ordine esterno indipendente dall'osservatore; la stessa osservazione diretta dei fenomeni non è più considerata fonte privilegiata di conoscenza obiettiva.
Le prime dirette conseguenze riguardano l'impossibilità di una distinzione netta tra colui che osserva e chi è osservato, perché entrambi si definiscono come tali attraverso la reciproca interazione. Ciò che viene osservato non sono cose, proprietà o relazioni di un mondo che esiste indipendentemente dall'osservatore, bensì delle distinzioni effettuate dall'osservatore stesso, in seguito alla propria attività nell'ambiente.
Spesso, questo approccio che si contrappone certamente ad una visione positivistica della scienza, viene considerato come una minaccia per la razionalità e per la scienza intesa come visione "unica" della realtà e della verità. Ma, come si è già affermato, può essere considerato congruente con i più recenti sviluppi dell'epistemologia, anche di quelli solitamente accettati dagli stessi scienziati naturali


Memoria

Ricordare, memorizzare, rimembrare, rammentare… sono tanti i termini sinonimi che nella nostra bella lingua ci parlano di memoria. Una memoria “senza fine”, quale quella umana, che non smette mai, neppure un attimo prima di spegnersi definitivamente, di lavorare. Possiamo immaginare il nostro cervello come una sorta di enorme archivio, che non diventa mai troppo piccolo. Per quante cose continuiamo ad apprendere nella vita, per quante esperienze viviamo direttamente o di cui sentiamo parlare, per quanti libri leggeremo o persone conosceremo, ci sarà sempre uno spazio per tutto. Ma come funziona questo strumento straordinario situato nella nostra testa, che assorbe tutto ciò che ci proviene dal mondo esterno, elaborandolo dentro di noi, e lo cataloga in modo certosino tanto che facilmente adoperiamo, per descriverlo, la metafora dei “cassetti”? Ebbene, in modo schematico possiamo iniziare dicendo che la memoria umana è “trina”. Tre sono le memorie che dipendono da altrettante aree del cervello. Vediamole.

Memoria di lavoro. Ritiene le informazioni che servono per uno scopo preciso, ad esempio delle istruzioni, che poi andranno in automatico, tra cui andare in bicicletta, suonare uno strumento musicale, legarsi le scarpe. La memoria di lavoro è gestita dal cervelletto

Memoria a breve termine. Ritiene poche informazioni per un periodo di tempo limitato, circa un minuto, senza che tale informazione venga elaborata in alcun modo. Questa memoria, controllata dalla porzione prefrontale del cervello, è “volatile” per natura, a meno che noi non decidiamo di attribuire valore e importanza a quella nuova informazione “fissandola” nella memoria a lungo termine. Un esempio tipico della memoria a breve termine? Il nome di qualcuno quando ci viene presentato. La maggior parte delle persone non presta attenzione – a meno che non vi sia un interesse specifico – a questa informazione, e così dopo un po’ l’abbiamo bella e che dimenticata.

Memoria a lungo termine. Ecco la memoria “vera”, quella che dura nel tempo e che struttura i ricordi. Essa viene processata nell’ippocampo del lobo temporale, e si attiva, naturalmente, quando noi intendiamo memorizzare qualcosa in modo volontario. Ha una capacità praticamente illimitata e una “durata” ugualmente senza fine. La memoria a lungo termine conserva concetti così come immagini, e fatti, vissuti in prima persone o letti, visti, ascoltati.

La memoria umana viene spesso, proprio come il cervello tout court, paragonata ad un muscolo da allenare, e in effetti è proprio così. Nel paragrafo conclusivo scopriremo in quali modi è possibile potenziale le nostre capacità cognitive e mnemoniche, ma intanto una precisazione che a volte tendiamo a scordare, per restare nel campo semantico della memoria: il nostro modo di ricordare è selettivo. Ciò significa che sebbene in teoria il nostro archivio mnemonico sia immenso, in realtà i nostri ricordi, quelli che ci girano in testa, sono molto pochi, perché tendiamo a rinforzare solo le informazioni che ci servono o su cui ci interessa focalizzarci. Per questa ragione è molto facile ragionare per stereotipi, anche se siamo le persone più democratiche del mondo. Uno stereotipo è una semplificazione che si basa su pochi dati usati per descrivere un singolo soggetto, poi estesi all’intero gruppo di appartenenza in modo rigido e così diffusi e tramandati “a memoria” d’uomo. Ne abbiamo in mente tutti almeno uno. Lo stereotipo ci serve per immagazzinare un’informazione facile su qualcosa che non abbiamo conosciuto direttamente, e può essere positivo, per esempio, i tedeschi sono precisi e affidabili, o, più facilmente, negativo, per esempio, gli italiani sono tutti mafiosi. Quando memorizziamo uno stereotipo, di solito non ce ne accorgiamo, lo facciamo solo per praticità, per avere una “scheda” in archivio su un argomento di cui sappiamo poco, o nulla. Tutti siamo vittime di stereotipi: perché farci un’idea diretta, elaborata, complessa su qualunque cosa o persona è impossibile. Una volta memorizzato lo stereotipo è difficile da estirpare, proprio perché ormai archiviato e dato per buono, non ci verrà in mente di decostruirlo, di metterlo in discussione e sostituirlo, anche quando ormai siamo perfettamente in grado di farlo.

Il falso ricordo, confabulazione, o false memorieo confabulation, nella tradizione di studi americana, è un ricordo non autentico, o perché del tutto inventato, o perché derivante da altri ricordi reali, ma in parte alterati. Un falso ricordo può crearsi anche per aggregazione: da varie memorie distinte possono essere estrapolati frammenti che nella mente umana vengono ricombinati insieme.
La memoria umana non funziona come una videocassetta il cui nastro può essere riavvolto e rivisto, consentendo ad ogni visione di rivivere gli eventi sempre nello stesso ordine. Al contrario, i ricordi sono soggetti ad una ricostruzione continua ogni qualvolta vengono richiamati in memoria, cosicché diversi elementi della traccia mnemonica possono essere modificati, aggiunti o eliminati dopo ogni nuova rievocazione

L’oblio ed il deterioramento della memoria

L'oblio rappresenta la dimenticanza intesa come fenomeno non temporaneo, non dovuto a distrazione o perdita temporanea di memoria, ma come stato più o meno duraturo, come scomparsa o sospensione del ricordo con un particolare accento sullo stato di abbandono del pensiero e del sentimento.
L’ oblio è l’incapacità di riprodurre e ricordare i contenuti appresi e, nella tradizionale interpretazione della psicologia generale, esso è il frutto di un progressivo indebolimento dei depositi mnesici.
Nella teoria psicanalitica, invece, l’oblio è concepito come il risultato di un processo difensivo di rimozione contro l’emergere di contenuti mnemonici sgraditi; difatti, Sigmund Freud identifica l'oblio come una delle facoltà difensive della mente umana che tende a rimuovere contenuti e pensieri ritenuti minacciosi, i quali rimangono inconsci e repressi.

L’ oblio rappresenta la dimenticanza intesa come fenomeno non temporaneo, non dovuto a distrazione o perdita momentanea di memoria, ma come stato più o meno duraturo, come scomparsa o sospensione del ricordo con un particolare accento sullo stato di abbandono del pensiero e del sentimento.
La prima ricerca sull’oblio è stata condotta dallo studioso tedesco Ebbinghaus che, usando se stesso come soggetto dell’esperimento, apprese un numero sterminato di liste di sillabe senza significato, per verificare quante ne avrebbe dimenticate col passare del tempo. Dimostrò che, quando si apprendono sillabe senza senso, l’oblio passa da una condizione molto rapida ad una molto più lenta, intuendo che la sua funzione fosse approssimativamente logaritmica.
 Tuttavia, quando si passa da studi di laboratorio a studi naturalistici, la situazione che emerge è molto più ottimistica: si è trovato, ad esempio, che si dimentica ben poco del vocabolario e della grammatica di una lingua straniera e che si ricordano abbastanza bene facce e nomi. Appare quindi evidente che il ricordo percorre strade molto individuali.

Nella memoria umana la perdita dell'informazione che caratterizza l’oblio, può avvenire in uno qualsiasi dei diversi processi di memorizzazione: codifica, ritenzione e recupero, e diversi sono i fattori che possono determinarlo, primo fra questi il trascorrere del tempo. Molto importante è anche il ruolo dell'attenzione: se infatti non ne prestiamo abbastanza nel momento di codifica dell'informazione, sarà più difficile in seguito recuperarla.
Anche i fattori emotivi possono interferire con la memoria: è stato provato, per esempio, come l'ansia determini una stimolazione distraente che indebolisce la capacità di ricordare; a tal proposito, Freud ha enfatizzato l’importanza dei suddetti fattori in quanto avvenimenti avvertiti come minacciosi, o causanti ansia, spesso non riescono ad accedere alla sfera della consapevolezza.

Sono significative inoltre le interferenze di altri ricordi; l’interferenza può essere proattiva, se ciò che dobbiamo memorizzare viene ostacolato da ricordi o eventi simili precedenti, oppure retroattiva se l'informazione nuova ostacola la ritenzione di ciò che era già stato memorizzato.

L'oblio può avere anche cause organiche come traumi cranici o danni cerebrali; la malattia più nota che riduce la capacità di memoria, soprattutto nelle persone anziane, è il morbo di Alzheimer. Siamo però consapevoli del fatto che, a prescindere da malattie cerebrali degenerative, col passare del tempo la memoria sbiadisce e, nell’esperienza quotidiana, non si può fare a meno di constatare come, a volte, la memoria non sia efficace. L’insuccesso può essere temporaneo o definitivo, dimenticando completamente oppure ricordando, in maniera confusa e del tutto insoddisfacente, concetti che erano stati studiati a fondo con dispendio di tempo.
patologie della memoria
L'amnesia indica la perdita o diminuzione notevole della memoria e può essere estesa a tutti i ricordi o parziale, transitoria o stabile, anterograda o retrograda.
L’
amnesia indica la perdita o diminuzione notevole della memoria, sia generale, estesa cioè a tutti i ricordi, sia parziale, limitata a determinati ricordi, nomi; nel linguaggio medico si distinguono: l’amnesia lacunare, che colpisce isolatamente gruppi di ricordi; l’amnesia retrograda, che inibisce la rievocazione di ricordi precedenti l’avvenimento che l’ha causata; l’amnesia anterograda, che provoca l’incapacità di ricordare fatti successivi all’evento vissuto.

Si può parlare di depressione in senso clinico quando sono presenti sintomi consistenti in un abbassamento del tono dell'umore: il depresso sente sé stesso, la propria vita, la realtà circostante in maniera spiacevole e dolorosa. Sono presenti sentimenti di tristezza, di abbattimento, di pessimismo e di dolore.



biblioteca di babele di Borges

L'universo, che altri chiama la Biblioteca, si compone d'un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile. Venticinque vasti scaffali, in ragione di cinque per lato, coprono tutti i lati meno uno; la loro altezza, che è quella stessa di ciascun piano, non supera di molto quella d'una biblioteca normale. Il lato libero dà su un angusto corridoio che porta a un'altra galleria, identica alla prima e a tutte. A destra e a sinistra del corridoio vi sono due gabinetti minuscoli. Uno permette di dormire in piedi; l'altro di soddisfare le necessità fecali. Di qui passa la scala spirale, che si inabissa e s'innalza nel remoto. Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze. Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita, io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l'infinito... La luce procede da frutti sferici che hanno il nome di lampade. Ve ne sono due per esagono, su una traversa. La luce che emettono è insufficiente, incessante.a

Comportamentismo

Comportamentismo

Introspezione

L' introspezione è l’osservazione dei fatti di coscienza, compiuta dal soggetto mediante la registrazione autonoma delle proprie esperienze.

Un importante sociologo, fisiologo e filosofo che osservò questo fenomeno, era Wilhelm Maximilian Wundt. Wundt è stato, per l’appunto, uno psicologo, fisiologo e filosofo tedesco ed è divenuto per la storia della psicologia "il padre fondatore" della disciplina, grazie al suo contributo teorico e sperimentale.

Un altro importantissimo psicologo, era, come già stato nominato in precedenza, Ivan Petrovič Pavlovè stato un fisiologo ed etologorusso, il cui nome è legato alla scoperta sui cani del riflesso condizionato, da lui annunciata nel 1903.

Watson fu il fondatore del behaviorismo americano.

Col tempo, si è tracciata una distinzione tra behaviorismo:
- metodologico: ignora la "coscienza" e sostiene lo studio oggettivo del comportamento 
- dogmatico: nega affatto la coscienza, è perciò una forma di materialismo metafisico.


Pavlov, invece, è un esponente del ‘900 e la sua tesi caratteristica è quella del riflesso condizionato
Egli era un fisico, non uno psicologo, e stava conducendo degli studi sul corpo. In particolare, egli voleva sapere quali fossero gli elementi costitutivi del succo gastrico
Utilizzò come cavia un cane; inserì nella cavità nasale dell’animale un sondino che gli permetteva di prelevare quanto usciva dallo stomaco. 

Si trovò di fronte ad un problema: se il cane era digiuno, dal sondino non usciva nulla, se il cane aveva mangiato, dal sondino usciva del succo gastrico, ma accompagnato dal cibo. 
Ebbe allora, l’idea di incidere il ventre dell’animale e legare l’ultimo tratto dello stomaco con uno spago. Qui inserì il sondino e notò che nel momento in cui si avvicinava all’animale per farlo mangiare, usciva del succo gastrico, ma notò anche che l’animale iniziava a salivare
Abbandonò allora lo studio del succo gastrico per dedicarsi alla salivazione
Incise la ghiandola salivare del cane, infilò il sondino e notò che non appena si avvicinava per dargli il cibo, la saliva iniziava a fuoriuscire. Giunse alla conclusione che ad uno stimolo naturale, il cibo, corrisponde una risposta naturale, la salivazione.

Padre del condizionamento operante, invece, è stato Frederic Skinner. Burrhus Frederic Skinner è stato uno psicologo statunitense altamente influente nell'ambito del Comportamentismo. Fu anche scrittore, inventore, sostenitore di riforme sociali e poeta.
è stato uno dei più influenti psicologi del ventesimo secolo, incidendo un grande capitolo nella teoria psicologica e nell'applicazione clinica. Famosissimi i suoi esperimenti, tra cui la Skinner box, che gli permisero di formulare le leggi sul condizionamento operante, uno dei più influenti psicologi del ventesimo secolo nell’ambito del comportamentismo. Il suo principale interesse fu comprendere come il comportamento umano vari in relazione alle diverse modificazioni ambientali. Per questo divenne il padre del paradigma del condizionamento operante.
È stato professore di Psicologia alla cattedra "Edgar Pierce" dell'Università di Harvard dal 1958 sino al 1974, anno in cui andò in pensione.
Fondò la tradizione di ricerca psicologica dell'"analisi sperimentale del comportamento", in cui definì e articolò metodologicamente la frequenza di presentazione dei comportamenti manifesti come variabile dipendente nella ricerca psicologica, sviluppando così i contributi teorici e sperimentali precedenti del Comportamentismo classico di John Watson con particolare attenzione al "Condizionamento Operante".
Nel corso degli anni sviluppò il proprio punto di vista in relazione alla filosofia della scienza, noto come comportamentismo radicale. La sua analisi teorica del comportamento umano culminò con il lavoro interpretativo "Verbal Behaviour", nel 1957, focalizzato sul comportamento linguistico; il modello skinneriano di apprendimento è stato fortemente criticato da Noam Chomsky. In Verbal Behaviour Skinner espose dettagliatamente la metodologia basica sperimentale che condusse alle sue scoperte, che chiamò l’analisi sperimentale del comportamento. In seguito alle applicazioni di questa scienza dell’educazione, e degli altri argomenti inerenti al comportamento sociale, dall’analisi del comportamento, si arrivò a quello che ora è conosciuto come analisi comportamentale applicata.
Tra le innovazioni metodologiche che propose, inventò la camera di condizionamento operante, nota anche come "Skinner Box", e il Cumulative Recorder, uno strumento utilizzato per misurare la frequenza dei comportamenti durante la sua ricerca, ritenuta fondamentale in psicologia sperimentale e applicata, sulle "Schede di Rinforzo".
In un sondaggio del 2002 Skinner è stato giudicato il più influente psicologo del ventesimo secolo.


l'apprendimento secondo il comportamentismo
Il "comportamentismo" è la scuola che si è molto diffusa negli USA, dagli anni '20 ai '70, che mette da parte i concetti come "io" e "coscienza" e circoscrive la psicologia sia animale sia umana allo studio del comportamento. 
Questo modello prende in considerazione solo gli aspetti osservabili della psiche, ossia i comportamenti e trascurano gli aspetti introspettivi che sfuggono all’osservatore.
Al contrario di Wundt, Pavlov e Watson sostenevano che lo studio della coscienza era troppo legato alle impressioni soggettive e pertanto non verificabile.

Si sviluppò il comportamentismo.
Acquista importanza l’apprendimento che può essere:
o  ClassicoPavlov
o  operante,di Skinner: si poteva produrre l’apprendimento usando i rinforzi che possono essere negativi o positivi
Inoltre, per l’apprendimento ha notevole importanza l’apprendimento sociale, ossia l’imitazione.
Il modello comportamentista si propone come una branca, oggettiva e sperimentale, delle scienze naturali. 
Esige di offrire la probabilità di raggiungere la spiegazione dei fenomeni psichici di ogni organismo animale, a condizione di togliere ogni cenno a concetti o "entità" non suscettibili di prova sperimentale. 
Pretende di lasciare ogni richiamo introspezionistico o mentalistico, di cercare chiarimenti solo sui materiali di fatto osservabili e in linea di principio stimabili, al punto che si potesse realizzare lo scopo principale della psicologia stessa: la previsione e il controllo del comportamento. 
Sotto tale aspetto, è evidente come pensiero e sentimento fossero interpretati, essi stessi, come comportamento implicito: il primo è un discorso implicito o sublocale; il secondo si riduce a reazioni viscerali implicite.

Il modello comportamentista ha dato due esiti fondamentali:
- teorie della "contiguità", ovvero di stimolo e risposta (Watson e Guthrie)
- teorie del "rinforzo" (Thorndike, Skinner, N. Miller)
Solo successivamente, grazie agli studi di Tolman, Hull e Osgood, si avrà un’apertura anche agli aspetti simbolici e cognitivi e verrà reintrodotta la separazione, seppur cauta, tra realtà fisica e intellettuale.


John Broadus Watson è stato uno psicologo statunitense, padre del comportamentismo.
Scoppiato uno scandalo nel 1920 per via della relazione che aveva intrapreso con una propria studentessa nonché collaboratrice di venti anni più giovane di lui, fu costretto a dimettersi da professore universitario; in seguito, venne ingaggiato come vicepresidente di una agenzia pubblicitaria.

l'apprendimento del linguaggio e la crisi del paradigma comportamentista

È facile notare con quanta facilità i bambini apprendano il linguaggio, senza ricevere, se non saltuariamente, insegnamenti specifici e diretti da parte degli adulti. Questo è dovuto al fatto che essi nascono già con forti predisposizioni, a livello di percezione di suoni e stimoli e di capacità interattive, volte a favorire l'apprendimento del linguaggio. Ad esempio, i neonati sono particolarmente sensibili alla voce della madre, e, più in generale, tendono ad orientare testa e sguardi verso fonti da cui proviene la voce umana. A tre mesisono già in grado di riconoscere la voce dei genitori e distinguere fonemi differenti. Infatti, i bambini imparano prestissimo a distinguere i suoni che appartengono alla loro lingua e suoni “non linguistici”, apprendono che le cose hanno dei nomi, così come le persone, e, soprattutto, comprendono l'esistenza di un'intenzione comunicativa, apprendono cioè come il linguaggio sia utilizzato per comunicare qualcosa. Tali abilità sono alla base della competenzacomunicativo-linguistica dei bambini.
I bambini dunque dimostrano una notevole competenza innata nella percezione del linguaggio, ma alla nascita si trovano invece svantaggiati per quanto riguarda la possibilità di produrre suoni linguistici: infatti l'apparato vocale dei neonati non è strutturato in modo da poter emettere tali suoni. È solamente dopo i quattro mesi che il bambino inizia a produrre le cosiddette lallazioni, suoni molto semplici, dati dall'associazione consonante-vocale, che saranno poi seguite dal gergo espressivo, meno ripetitivo rispetto alle lallazioni e caratterizzato da intonazioni che rispecchiano quelle del linguaggio adulto. Si passa poi alle prime parole.
Naturalmente prima di poter imparare e quindi riprodurre una parola il bimbo deve essere in grado di riconoscerla e associarla correttamente al suo significato. Questa operazione è facilitata dall'atteggiamento verbale che spontaneamente gli adulti assumono quando parlano con dei bambini piccoli, si parla lentamente, usando frasi brevi e semplici, con molte domande, separando molto distintamente le parole tra loro, questa modalità linguistica, volta appunto a facilitare il compito dei bambini di riconoscere le singole parole all'interno della frase, comune a tutte le lingue e a tutte le culture, si chiama maternese.
Quando i bambini iniziano effettivamente a utilizzare le parole queste assumono il significato di un'intera frase, e vengono pertanto chiamate olofrasi. Con il termine olofrase si intende dunque un'espressione tipica del linguaggio infantile formata da una sola parola che vuole significare concetti, detta protodichiarativa, o richieste, detta protorichiestiva,che un adulto esprimerebbe con una frase più o meno complessa; di conseguenza a seconda dell'intonazione, delle circostanze e della gestualità che l'accompagna, una stessa parola può assumere significati diversi.

A partire dall’inizio degli anni ’60, all’interno del movimento comportamentista, cominciarono a svilupparsi nuove tendenze che iniziarono ad occuparsi della mente e dei processi che ne scandiscono l’attività. Rientrano tra i protagonisti di questo spostamento graduale dal comportamentismo al cognitivismo Clark L. Hull e Edward C. Tolman.
Il modello di Hull
Il modello di apprendimento elaborato da Hull si caratterizza per una strutturazione ipotetico-deduttiva che ha lo scopo di sistematizzare la psicologia proprio come lo sono la matematica e la logica formale contemporanee, sulla falsariga dei Principia Mathematica di Whitehead e Russell. Hull definì infatti la sua teoria come matematica-deduttiva, per indicare non solo che essa utilizza il metodo ipotetico-deduttivo, ma soprattutto che tale metodo viene utilizzato in maniera rigorosamente quantitativa. Il metodo è infatti di tipo formale e, partendo da principi indefiniti e definizioni, si sviluppa poi in postulati, corollari, teoremi e problemi. I postulati vengono enunciati prima in forma verbale, poi in notazione logica simbolica formale e infine spiegati e corroborati da esempi sperimentali. I teoremi sono enunciati, poi dimostrati per derivazione matematica da definizioni e postulati, poi sottoposti, quando è possibile, a test sperimentale.
Apprendimento latente
L’opera di Tolman è paradigmatica invece del passaggio da concezioni di tipo comportamentista a idee cognitiviste.
Tolman introdusse difatti all’interno del paradigma comportamentista il concetto di apprendimento latente, espressione che lo studioso esplicitò per la prima volta nel suo articolo del 1930 Introduction and removal of reward, and maze performance in rats.
L’apprendimento latente intendeva mettere in crisi il concetto di uguaglianza fra prestazione e apprendimento presa a principio dai comportamentisti precedenti. Tolman condusse infatti alcuni esperimenti su tre gruppi di topi all’interno di un labirinto. Il primo gruppo riceveva del cibo come rinforzo, il secondo gruppo invece non riceveva alcun tipo di rinforzo, mentre il terzo riceveva un rinforzo solo a partire dal dodicesimo giorno di prove. Lo studioso si rese conto che i topi del secondo gruppo, quelli senza rinforzo, non imparavano mai a completare il labirinto, mentre i topi del primo gruppo, con rinforzo immediato, e del terzo gruppo, quelli a rinforzo posticipato, riuscivano a percorrere interamente il labirinto non manifestando differenze di prestazioni. Tolman giunse pertanto alla conclusione che i topi apprendevano anche in mancanza di rinforzo, ma tale apprendimento si manifestava in una prestazione corretta solo ed esclusivamente in presenza del rinforzo stesso, altrimenti non si sarebbe verificata l’uguaglianza di prestazione tra i topi a rinforzo immediato e i topi a
rinforzo differito di alcuni giorni.
Nel sistema di Tolman dunque l’apprendimento non si risolve in una semplice associazione di tipo stimolo-risposta, ma si configura in termini di raggiungimento di una meta, o oggetto-meta, di una serie
d’impulsi esplorativi iniziali, impulsi cognitivi iniziali, edell’acquisizione di una serie di adattamenti conclusivi all’oggetto, cognizioni finali.
Introducendo i concetti di “scopi”, “aspettative”, “mappa cognitiva”, Tolman si discosta evidentemente dalla maggior parte del comportamentismo precedente aprendosi a concetti sempre più di stampo cognitivista che ritroveremo, anche se in forme diverse, nella psicologia della Gestalt. Del comportamentismo rimane comunque nel sistema di Tolman la metodologia e il punto di partenza, ovvero il comportamento osservabile.
Per "stile cognitivo" si intendono le differenze individuali durature ed interamente coerenti nell'organizzazione e nel funzionamento cognitivo. Il termine si riferisce  sia alle differenze individuali nei principi generali dell'organizzazione cognitiva, agli aspetti della semplificazione  e della coerenza, sia alle varie tendenze soggettive,  internamente coerenti, quali l'intolleranza all'ambiguità,  la memoria per un particolare tipo di esperienze che non  si riferiscono al funzionamento cognitivo umano generale. Riflette differenze di personalità e differenze genetiche ed esperienziali nelle capacità e nel funzionamento  cognitivo; e, di fatto, opera una mediazione tra motivazione ed emozione, da un lato, e cognizione, dall'altro. Tuttavia, una seria carenza metodologica,  comune a molte ricerche in questo campo, è il fatto che  la generalità di funzione, all'interno del compito e tra i  compiti, delle misure che usano per lo stile cognitivo, le  sue determinanti e le sue conseguenze funzionali, non è  stata adeguatamente individuata. E' da discutere, quindi, se queste misure siano davvero indicative di tratti  cognitivi stabili e generalizzati.
Molte variabili dello stile cognitivo riflettono differenze  individuali rispetto a talune proprietà o caratteristiche  generali dell'organizzazione e del funzionamento cognitivo che caratterizzano gli esseri umani, quali l'immagazzinamento delle informazioni e i vari processi. Tali tendenze si verificano lungo le stesse linee e si applicano a  tutti gli individui a tutte le età, ma in particolari persone  sono marcatamente più o meno accentuate. Tra le varie caratteristiche generali dell'organizzazione e del funzionamento cognitivo, già considerato in questo volume,  sono:
a. la tendenza a seguire il principio della differenziazione  progressiva, nell'acquisizione che il discente fa di settori  conoscitivi completamente nuovi, o di nuove componenti di settori già familiari,
b. la tendenza al riduzionismo o alla semplificazione, allo  scopo di alleggerire il peso delle cose da conoscere, che  si manifesta nei processi di astrazione, formazione di  concetti, categorizzazione, generalizzazione e assimilazione obliterativa;
c. la tendenza a raggiungere una maggiore coerenza interna o congruenza di significato con la struttura cognitiva, attraverso la dimenticanza selettiva o il fraintendimento selettivo di nuove idee non familiari o contrastanti con i contenuti già presenti nella struttura cognitiva.
Con l'espressione stile cognitivo, peraltro usata spesso genericamente e in maniera tutt'altro che univoca, si intende una modalità di elaborazione dell'informazione che si manifesta in compiti diversi e addirittura in settori diversi del comportamento. Come il termine stile suggerisce, si tratta di caratteristiche cognitive che sono globali, o perlomeno diffuse, nel senso che si rilevano non solo nel funzionamento cognitivo dell'individuo, ma anche nei suoi atteggiamenti, nei modi di rapportarsi agli altri o di reagire a situazioni inconsuete, e così via: così, si parla di stile dipendente o indipendente dal campo, riflessivo o impulsivo, convergente o divergente, ecc., con una varietà di denominazioni che non contribuisce certo a una concettualizzazione unitaria.

Apprendimento

Apprendimento


Concetti e teorie dell’apprendimento
In psicologia cognitiva l'apprendimento consiste nell'acquisizione o nella modifica di conoscenze, comportamenti, abilità, valori o preferenze e può riguardare la sintesi di diversi tipi di informazione. Possiedono questa capacità gli esseri umani, gli animali, le piante e alcune macchine. L'evoluzione del comportamento nel tempo segue una curva di apprendimento. Lo studio dell'apprendimento umano fa parte della psicologia sperimentale, della pedagogia, della psicologia cognitiva e delle scienze dell'educazione. Le istituzioni dell'educazione formale devono tener conto dei principi generali che regolano l'apprendimento nella stesura del progetto educativo. Numerose sono le agenzie sociali che producono apprendimento informale. Possono essere appresi sia comportamenti adattativi che disadattivi.

Apprendimento non-associativo

L'apprendimento non-associativo fa riferimento a "un cambiamento relativamente permanente nella forza di risposta ad un singolo stimolo successivo a esposizione ripetuta allo stesso. Le modifiche a causa di fattori quali l'adattamento sensoriale, l'astenia, o i traumi fisici non rientrano nell'apprendimento non associativo.
L'apprendimento non associativo può essere diviso in abitudine e sensibilizzazione.

Abitudine

Assuefazione è un esempio di apprendimento non associativo in cui la forza o la probabilità di una risposta diminuisce quando la risposta viene ripetuta. La risposta è in genere una risposta riflessa o incondizionata. Così, l'assuefazione deve essere distinta dall'estinzione, che è un processo associativo. Nell'"estinzione operante" una risposta diminuisce, perché non è seguita dal premio: per esempio se un gufo impagliato, o un predatore simile, viene messo nella gabbia di piccoli uccelli, questi inizialmente reagiscono ad esso come se fosse un vero e proprio predatore. Presto però gli uccelli reagiscono meno, mostrando assuefazione. Se un altro gufo impagliato è introdotto, o lo stesso rimosso e reintrodotto, gli uccelli reagiscono ad esso di nuovo come se fosse un predatore, dimostrando che è solo uno stimolo molto specifico a cui si sono abituati. L'assuefazione è stata dimostrata in tutte le specie animali, nonché sulle piante sensibili come la Mimosa pudicae il grande protozoo Stentor coeruleus.


Sensibilizzazione
La sensibilizzazione è un esempio di apprendimento non associativo in cui la progressiva amplificazione della risposta segue ripetute somministrazioni di uno stesso stimolo. Un esempio quotidiano di questo meccanismo è la stimolazione tonica ripetuta sui nervi periferici che si verifica se una persona si strofina il braccio in modo continuo: dopo un po' questa stimolazione crea una sensazione di calore che alla fine si trasforma in dolore. La presenza di dolore alla risposta sinaptica progressivamente amplificata avverte che la stimolazione è nociva.

Apprendimento attivo
L'apprendimento esperienziale è più efficiente dell'apprendimento passivo come la lettura o l'ascolto.
L'apprendimento attivo si verifica quando una persona prende il controllo della propria esperienza di apprendimento: dal momento che la comprensione delle informazioni è l'aspetto fondamentale dell'apprendimento, è importante per gli studenti riconoscere ciò che capiscono da ciò che non capiscono. L'apprendimento attivo incoraggia gli studenti ad avere un dialogo interno in cui verbalizzare intese. Questa e altre strategie metacognitive possono essere insegnate a un bambino nel corso del tempo. Gli studi all'interno della metacognizione hanno dimostrato il valore di apprendimento attivo. Inoltre, gli studenti hanno più incentivi a imparare quando non hanno il controllo su non solo come imparano, ma anche ciò che imparano. L'apprendimento attivo è una caratteristica fondamentale dell'apprendimento centrato sullo studente. Al contrario, l'apprendimento passivo e l'istruzione diretta sono le caratteristiche di apprendimento insegnante-centrico, o educazione tradizionale.

Apprendimento associativo
L'apprendimento associativo è il processo per cui qualcuno apprende un'associazione tra due stimoli, o un comportamento e uno stimolo. Le due for me di apprendimento associativo sono condizionamento classico e condizionamento operante. Nel primo, uno stimolo precedentemente neutro è ripetutamente presentato insieme a un riflesso che susciti stimoli, fino a che lo stimolo neutro provoca una risposta da solo. Nel condizionamento operante, un certo comportamento è rinforzato o punito, ciò altera la probabilità che il comportamento si ripresenterà.

Condizionamento operante
Il condizionamento operante si distingue dal condizionamento pavloviano perché utilizza il rinforzo-punizione per modificare un'associazione di azione-risultato. Al contrario, il condizionamento pavloviano comporta il rafforzamento dell'associazione stimolo-risultato.

Le teorie elementari di apprendimento associativo sostengono che stimoli opposti tendono ad essere percepiti come unità separate, piuttosto che “olisticamente”, vale a dire come una singola unità.

Il comportamentismo è un movimento psicologico che cerca di alterare il comportamento preparando l'ambiente per suscitare successivi cambiamenti e provvedere a mantenere o diminuire un comportamento. Tuttavia, essi non negano che ci siano processi di pensiero che interagiscono con quei comportamenti.

L'attualizzazione ritardata è il processo di svalutazione dei premi in base al ritardo di tempo in cui vengono presentati. Questo processo si pensa sia legato all'impulsività. L'impulsività è un processo fondamentale in molti comportamenti, come per l'abuso di sostanze, il gioco d'azzardo patologico, il disturbo ossessivo-compulsivo. Prendere decisioni è una parte importante della vita di tutti i giorni; prendiamo queste decisioni basandoci su ciò che percepiamo come azioni più importanti o meritevoli. Ciò è determinato da quello che troviamo negli stimoli di maggior rinforzo, così quando si insegna a un individuo una risposta, è necessario trovare il rinforzo più potente per quella persona. Questo può essere un rinforzo più grande in un momento successivo o un più piccolo rinforzo, ma immediato.

Condizionamento classico
Il paradigma tipico del condizionamento classico comporta ripetutamente l'abbinamento di uno stimolo incondizionato, che evoca immancabilmente una risposta riflessa, con un altro stimolo precedentemente neutro, che normalmente non evoca la risposta. Dopo il condizionamento, la risposta si verifica sia allo stimolo incondizionato che all'altro, lo stimolo non correlato, ora denominato "stimolo condizionato". La risposta allo stimolo condizionato è definita una risposta condizionata: l'esempio classico è Ivan Pavlov e i suoi cani. Pavlov aveva aggiunto ai cani del cibo a base di carne, cosa che portò alla salivazione dei cani: la carne polvere è lo "stimolo incondizionato" e la salivazione è la "risposta incondizionata". Pavlov fece squillare un campanello prima di presentare il cibo: la prima volta che Pavlov suonò il campanello, allo stimolo neutro, i cani non salivarono, ma una volta che aggiunse la polvere di carne in bocca i cani cominciarono a salivare. Dopo numerosi abbinamenti di campana e cibo, i cani impararono che la campana segnalava che il cibo era in arrivo, e incominciarono a salivare appena sentito il campanello. Una volta che questo avvenne, la campana divenne lo "stimolo condizionato" e la salivazione divenne la "risposta condizionata". Il condizionamento classico è stato dimostrato in molte specie: si è visto nelle api, nel riflesso di estensione della proboscide.







Imprinting
L'imprinting è un tipo di apprendimento che si verifica in una determinata fase della vita, è rapido e apparentemente indipendente dalle conseguenze del comportamento. Nell'imprinting filiale, animali giovani, in particolare gli uccelli, formano un'associazione con un altro individuo o in alcuni casi, un oggetto, che corrisponderebbe a un genitore. Nel 1935, l'austriaco zoologo Konrad Lorenz scoprì che certi uccelli seguono e formano un legame se l'oggetto emette suoni.

Elementi dello sviluppo che consentono l'apprendimento
Il neonato apprende in modo inconsapevole ad adoperare il proprio corpo e il linguaggio. L'apprendimento diventa intenzionale dal momento in cui sono disponibili:
maggiore capacità di immagazzinamento delle informazioni;
strategie di memorie sviluppate;
metacognizione, capacità di riflettere sul proprio modo di pensare ovvero sostanzialmente autocoscienza.


Condizionamento
Il condizionamento rispondente di Ivan Pavlov
Il primo approccio comportamentista di studio dell'apprendimento fu il cosiddetto apprendimento di tipo associativo per contingenza temporale, o condizionamento rispondente, o altrimenti detto condizionamento classico, di Ivan Pavlov. Questo approccio, fatto proprio dal paradigma comportamentista, studia il particolare aspetto dell'apprendimento che riguarda gli stimoli in grado di elicitare un riflesso fisiologico.

Incuriosito dall'osservazione che i cani usati per i suoi studi sull'attività digestiva iniziavano a salivare anche prima di annusare l'odore del cibo, fatto strano, dato che il cane usa l'olfatto per decidere se un oggetto è commestibile e dare quindi avvio alla salivazione e altri processi digestivi, Pavlov decide di approfondire la questione ideando un semplice paradigma sperimentale: in associazione con il cibo e il suo odore, viene presentato un secondo stimolo che in natura non ha niente a che vedere con la salivazione del cane, per esempio il suono di una campanella. Quello che si osserva è che dopo ripetute presentazioni dei due stimoli associati, il cane comincia a rispondere con la salivazione anche alla sola presenza del suono della campanella. L'apprendimento consiste in questo caso nel fatto che il cane usa un comportamento che già possiede, reazione di salivazione, in risposta a uno stimolo diverso da quello programmato dalla natura tramite evoluzione.

Attraverso questi studi, Pavlov delineò una curva di apprendimento, forza del condizionamento in asse verticale per numero di associazioni stimolo condizionato-stimolo incondizionato in asse orizzontale, dal profilo tipico, entro la quale prima l'apprendimento aumenta rapidamente dopo l'esposizione a poche associazioni, poi si stabilizza, mentre le associazioni successive influiscono sempre meno, presente nella curva della memorizzazione di Hermann Ebbinghaus.

Attraverso l'associazione di più stimoli in sequenza è possibile costruire lunghe catene di condizionamenti rispondenti, per esempio il cane che risponde con la salivazione prima all'odore di cibo poi alla semplice vista del cibo, poi alla vista del padrone che si avvicina con in mano una confezione di cibo, poi alla vista del padrone che si dirige dove è conservata la confezione di cibo.

Tenendo conto che il condizionamento rispondente applicato alla risposta fisiologica di paura è molto più efficiente rispetto ad altre risposte, meno tempo per ottenere l'apprendimento e apprendimento molto più resistente e di lunga durata, il condizionamento rispondente può essere chiamato in causa per spiegare la genesi di alcuni particolari casi di fobia, per esempio se la fisiologica paura di un rumore fortissimo viene associata a un animale che per caso si trovava nel campo visivo proprio in quel momento può ingenerarsi paura immotivata verso quell'animale, cioè si apprende per associazione a rispondere con paura ad uno stimolo che in natura non dovrebbe provocarla.

Il condizionamento operante di Burrhus Skinner
Questa forma di apprendimento, insieme al condizionamento classico, rappresenta la base dell'approccio comportamentista allo studio delle funzioni psichiche. Inoltre, questo condizionamento è detto operante perché basato su operazioni legate ai muscoli volontari. In questo caso infatti l'apprendimento non avviene a livello di riflessi come nel condizionamento rispondente, ma di operazioni motorie più complesse.

Il setting di ricerca entro cui Skinner ha sviluppato questa teoria, prende il nome da questo ricercatore, la Skinner Box. Nel suo interno c'è un topo che necessita di premere un tasto o spingere una leva per aprire una dispensa di cibo. L'animale affamato, in condizione di alta attivazione motivazionale viene spinto alla ricerca del cibo. Nel corso del normale comportamento esplorativo che il topo mette in atto, esso casualmente preme la leva per arrivare al cibo, che funge da rinforzo positivo. Questo comportamento, rinforzato, tende ad essere sempre più frequente, fino a quando l'animale arriva a premere direttamente la leva giusta. A questo punto l'animale ha appreso, anche senza comprenderla, un'operazione, interazione volontaria complessa, condizionata dal rinforzo positivo del cibo. È possibile inserire in questo tipo di sperimentazioni anche una punizione, come per esempio la scossa elettrica associata a un'altra leva. Tuttavia, la punizione non è la controparte del rinforzo ma presenta caratteristiche peculiari: sebbene sia in grado di diminuire, o anche inibire, temporaneamente la probabilità di un comportamento, la punizione non elimina il comportamento dal repertorio del soggetto e non aiuta a selezionare e apprendere il comportamento corretto. Inoltre, può dar vita a comportamenti alternativi come la risposta di fuga e in seguito l'evitamento, oltre che a risposte emotive negative che interferiranno coi futuri tentativi di apprendimento.

Una particolare tecnica di apprendimento, detta modellamento è stata sviluppata a partire dal condizionamento operante di Skinner. Questa tecnica, largamente testata sull'apprendimento dell'uomo risulta utile per modificare gradatamente un comportamento. La prima volta viene premiato, attraverso un rinforzo positivo, un comportamento che si avvicina gradualmente a quello che si vuole sviluppare, anche se solo approssimativo, la seconda solo le esecuzioni che progrediscono in una situazione più corretta, la terza si premiano solo le prestazioni ancora più corrette, e così via. È importante, per sviluppare uno shaping efficace, che i rinforzi siano continui. Sono tuttavia possibili anche rinforzi intervallati, ma essi risultano più utili per riapprendere comportamenti già appresi. È comunque importante che sia premiato sempre lo stesso comportamento.

Gli studi sul modello del condizionamento operante hanno, in estrema sintesi, portato a postulare una serie di condizioni che rendono più efficace l'apprendimento:

L'apprendimento è più veloce se il rinforzo segue immediatamente la prestazione motoria.
Il rinforzo ad intervalli costruisce un apprendimento meno veloce, ma tende ad essere più stabile nel tempo.
Il rinforzo positivo, a parità di tempo, è più valido e attivo del rinforzo negativo.
La forza del condizionamento è maggiore se si alternano le sedute di addestramento ad altre attività.
Rinforzi incoerenti a comportamenti diversi è il punto di partenza per stati di impotenza appresi e nevrosi
È vero però che trascorso del tempo in cui allo stimolo non corrisponde un rinforzo, l'apprendimento acquisito dall'animale scompare. Ciò perché nell'apprendimento è necessaria continuità, ripetitività ed esercitazione.

L'apprendimento concettuale e imitativo
Il focus non è più nell'apprendimento inconsapevole per prove ed errori della tradizione comportamentista, ma nel processo di ristrutturazione cognitiva associata al vissuto consapevole di comprensione immediata. La psicologia della Gestalt, attraverso l'opera di Köhler si è occupata di questa forma di apprendimento. Wolfgang Köhler, studiando i processi di apprendimento nelle scimmie antropoidi, ha definito Insight questa forma di comprensione immediata e improvvisa.

Le profonde differenze con la tradizione comportamentista possono essere ricondotte a questi punti:

L'importanza dell'intenzionalità nella risoluzione del problema
Il riferimento ad apprendimenti concettuali e cognitivi piuttosto che di operazioni o risposte motorie.
Il soggetto non ha proceduto per prove ed errori, non è quindi una modalità di apprendimento associativo, ma ha ristrutturato funzionalmente gli elementi del problema trovando una precisa soluzione. L'apprendimento imitativo si può trovare anche nei cuccioli di animali, che, non conoscendo ancora il mondo, imitano ogni azione della madre anche senza saperne il motivo.

Secondo il pedagogista Daniele Mattoni, "Oggi buona parte della teoria psicologica e pedagogica è concorde su un punto: il potenziale di sviluppo di un individuo, pur variando da individuo a individuo per l’influenza di fattori genetici, ha bisogno, per potersi realizzare, della stimolazione dell’ambiente". In altre parole, un ambiente imitativo denotato da povertà di repertori comportamentali e scarsi valori umanistici potrebbe limitare ampiamente le possibilità di venire a contatto con occasioni di apprendimento concettuale e imitativo potenzianti per l'individuo. Questo aspetto trova supporto anche negli approcci classici della formazione, tra cui in Donald Kirkpatrick, sviluppatore del "Four-Level Training Evaluation Model", un modello di valutazione dell'apprendimento ampiamente utilizzato su scala internazionale, alla base del quale vi è il concetto di "reazione" del soggetto rispetto ad uno stimolo formativo. Qualora gli stimoli formativi anche imitativi siano di bassa qualità la reazione di apprendimento di nuove competenze non avverrà e tenderà a predominare lo "status quo".

Problem solving
Il problem solving rappresenta l'approccio cognitivista allo studio dell'intelligenza, e prende le mosse dalla teoria gestaltista dell'apprendimento concettuale.

Il problem solving è un processo mentale volto a trovare un percorso che porta il cambiamento da una situazione iniziale ad una disposizione finale. La capacità di problem solving è spesso adoperata come misura empirica dell'intelligenza. Il pensiero logico misurato dal quoziente d'intelligenza infatti, all'interno dei processi di problem solving, è applicato alla risoluzione di uno specifico problema. Tale contestualizzazione del pensiero logico porta i soggetti ad ottenere prestazioni più elevate, e fornisce una misura più attendibile, anche se meno generale dell'intelligenza.

La definizione dell'intelligenza in termini di problem solving rappresenta il primo passo compiuto dagli psicologi da una visione dell'intelligenza di tipo scolastico a concetti più differenziati, come per esempio intelligenza fluida-cristallizzata, di Raymond Cattell, o intelligenza logica-creativa, e recentemente i concetti di intelligenze multiple, di Howard Gardner, e intelligenza emotiva, di Daniel Goleman. Max Wertheimer distingue un'intelligenza logica, esprimentesi ad esempio nel ragionamento analitico, e un'intelligenza creativa, orientata alla sintesi e alla costruzione del nuovo. La prima orientata ai problemi convergenti, la seconda orientata alla soluzione di problemi divergenti.

Ulric Neisser, padre dell'approccio cognitivista alla psicologia, evidenzia il problem solving come strategia efficace di apprendimento. Neisser struttura un processo di problem solving attraverso le seguenti fasi:

La prima parte comprende uno stato iniziale, ovvero un'informazione incompleta con la quale si affronta il problema, dato in termini di coordinate generali della situazione di partenza.
La seconda fase consta della definizione di mete e finalità insite nel problema, acquisizione di informazioni relativa allo stato finale da raggiungere.
Infine, l'ultimo momento del processo di problem solving consiste nella strutturazione di una serie di operazioni, manipolazioni dello stato iniziale, da applicare per arrivare allo stato finale.
L'autore identifica una serie di caratteristiche del processo di problem solving adoperabili per la strutturazione un apprendimento efficace:

Definizione delle dimensioni semantiche e concettuali per strutturare l'ambiente.
Gerarchizzazione degli schemi mentali.
Fare appello alle risorse attive del discente. Questo aspetto inoltre risulta centrale in una formazione orientata allo sviluppo creativo di tipo andragogico.


disturbi specifici dell'apprendimento
I disturbi specifici dell’apprendimento riguardano un gruppo di disabilità in cui si presentano significative difficoltà nell’acquisizione e utilizzazione della lettura, della scrittura e del calcolo.
La principale caratteristica di questa categoria è proprio la “specificità”, ovvero il disturbo interessa uno specifico e circoscritto dominio di abilità indispensabile per l’apprendimento, lettura, scrittura, calcolo, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Ciò significa che per avere una diagnosi di dislessia, il bambino non deve presentare deficit di intelligenza, problemi ambientali o psicologici, deficit sensoriali o neurologici.
La Dislessia è una disabilità specifica dell’apprendimento caratterizzata dalla difficoltà ad effettuare una lettura accurata e/o fluente. Il bambino, all’inizio del percorso di scolarizzazione, mostra difficoltà a riconoscere le lettere dell’alfabeto, a fissare la corrispondenza fra segni grafici e suoni e ad automatizzare tale processo di conversione. Tale difficoltà si ripercuote sull’apprendimento scolastico e sulle attività di vita quotidiana che richiedono la lettura di testi scritti
La Disortografia è uno dei disturbi specifici dell’apprendimento che riguarda la componente costruttiva della scrittura, legata quindi agli aspetti linguistici, e consiste nella difficoltà di scrivere in modo corretto da un punto di vista ortografico. Il bambino disortografico presenta una difficoltà nell’applicare le regole di conversione dal suono alla parola scritta e quindi a riconoscere i suoni che compongono la parola, a individuare le regolarità o irregolarità ortografiche e a individuare il corretto ordine con cui questi elementi si compongono.
La Disgrafia riguarda la componente esecutiva, grafo-motoria, scrittura poco leggibile; si riferisce alla difficoltà di scrivere in modo fluido, veloce ed efficace. Il bambino disgrafico può presentare una cattiva impugnatura della penna o matita, poca capacità di utilizzare lo spazio nel foglio, difficoltà nel produrre forme geometriche e nella copia di imm agini, alternanza tra macro e micrografia.

La Discalculia riguarda la difficoltà a comprendere ed operare con i numeri e la difficoltà automatizzare alcuni compiti numerici e di calcolo. Il bambino discalculico può presentare difficoltà nella cognizione numerica, meccanismi di quantificazione, seriazione, comparazione, capire il valore posizionale delle cifre, associazione numero quantità, eseguire calcoli a mente, nelle procedure esecutive, lettura, scrittura, messa in colonna dei numeri, e di calcolo, recuperare i risultati delle tabelline, recupero dei fatti numerici e algoritmo del calcolo scritto.