domenica 2 giugno 2019

Comunicazione e linguaggio

Comunicazione e linguaggio

La comunicazione è uno degli elementi fondamentali della vita degli uomini. Il termine deriva dal latino e significa condivisione. Comunicare significa stabilire rapporti tra persone e ricevere informazioni tramite messaggi codificati. Uno dei paradossi della nostra società consiste nel fatto che, nonostante la tecnologia consenta ampie possibilità di comunicazione i rapporti interpersonali si vanno impoverendo. Una comunicazione efficace è la base che consente di sviluppare qualsiasi attività sociale, anche l’attività di lavoro. Padroneggiare le tecniche e i comportamenti della comunicazione significa farsi conoscere e conoscere chi ci sta di fronte, significa adeguare il proprio e l’altrui comportamento in funzione dell’obiettivo. Significa mettere nel nostro mondo, in comune con gli altri, qualcosa del nostro essere. 

Il processo di comunicazione. Gli individui comunicano fatti, percezioni, sensazioni, opinioni ed altro, con un semplice messaggio. Si comunica non solo per mezzo della parola scritta o parlata, ma anche tramite il silenzio, il movimento, l’immobilità, i gesti, il tono della voce; anche le cose possono essere utilizzate nel processo di comunicazione. 

Il processo di comunicazione richiede: la fonte che emette il messaggio, il messaggio e il significato che il ricevente attribuisce al messaggio. 

Il messaggio e il codice
Il messaggio è costituito da un insieme di informazioni di base (concetti, sentimenti, sensazioni, che strutturate ed espresse con l’uso di un codice, formano i contenuti della comunicazione. Il codice può essere definito come le modalità di espressione del messaggio. Un codice è sistema di segni multipli (parole, suoni, immagini) che permettono di veicolare un contenuto, cioè dei significati risultanti dal sistema di rappresentazione dell’emittente; il ricevente, mediante decodifica dei significanti (i segni multipli) ricostruirà nella sua mente una rappresentazione tanto più vicina a quella dell’emittente quanto più i processi di codifica e decodifica saranno stati equivalenti e completi. La condizione essenziale che caratterizza l’utilità del codice è quindi che sia noto all’emittente e al ricevente. Tanto più sofisticata è la codifica, tanta più lunga sarà la decodifica (interpretazione del messaggio). 

Il linguaggio
È strumento di comunicazione e quindi espressione delle esigenze della vita sociale, condizione necessaria della convivenza umana. 

Origini del linguaggio
È possibile presumere che gli uomini abbiano sviluppato i loro linguaggi allo scopo di tenere insieme il gruppo, per difendersi dai nemici, per educare i giovani alla vita; alcuni studiosi ritengono che il linguaggio sia il prodotto dell’imitazione dei gridi o dei suoni naturali; altri sostengono che il linguaggio sia un fatto prettamente innato nell’uomo. 

Dibattito sulla priorità tra linguaggio e struttura sociale 
Secondo i linguisti E. Sapir e B. Whorf la lingua modella l’azione umana. Quando nasce il linguaggio l’uomo da ordine alla realtà, trasformandola da caos a struttura. Noi facciamo a pezzi la natura, la organizziamo in concetti e diamo dei significati soprattutto perché partecipiamo ad un accordo (implicito e non dichiarato) di organizzarla in questo modo, un accordo codificato negli schemi della nostra lingua. 
Secondo F. De Saussure linguaggio e struttura sociale si influenzano vicendevolmente. 

La crisi del linguaggio
Alcuni sociologi sostengono che oggi si è di fronte alla crisi del linguaggio, ad un “retrocedere” delle parole. La realtà cosi come la comprende l’uomo oggi sfugge al linguaggio: per gli scienziati è uno strumento troppo rozzo; per l’uomo della strada è un parlare troppo astratto. Oggi si richiede indubbiamente una riforma radicale del linguaggio. Questo è costretto a divenire più agile, e più adatto alle condizioni della vita moderna, si richiede un nuovo linguaggio più diretto, più aderente alle cose, più efficace, economico, flessibile. È stato detto a proposito della “decadenza della parola” e che gli uomini stanno entrando nella civiltà audiovisiva. 
Il linguaggio parlato retrocede perché da un lato è rimpiazzato dall’azione, dall’altro dal linguaggio formalizzato, cioè dal segno. Ci si avvia verso un’organizzazione visuale dell’intera esistenza. 
Oggi alle persone di una certa età è richiesto nella vita quotidiana una specie di visual thinking (pensiero visivo) che costa loro molta fatica raggiungere, e spesso è inaccessibile. 

Lo studio della comunicazione
Considerando le barriere che ostacolano la comunicazione tra le persone, specialmente quelle determinate dall’origine sociale, dall’esperienza, e dagli scopi perseguiti, nessuno è uno strumento neutrale nel comunicare: l’attitudine a ricevere le comunicazioni è legata alle motivazioni personali. Generalmente si è portati a credere che il dialogo avvenga essenzialmente a un livello razionale ed intellettuale. Gli studi sulla comunicazione attestano che non è così… Esiste invece un’onda portante, fondamentale per tutta la comunicazione. Quest’onda è costituita dalla corrente delle attitudini da noi realmente impegnate di fronte agli altri, e che a sua volta, è influenzata dalle attitudini di questi. 
Esempi di distorsione del processo comunicativo. 
- la catena aberrante comunicativa 
- l’informazione incompleta 
- l’equivoco 

I diversi atteggiamenti nella comunicazione
Il soggetto che vuole comunicare deve tenere conto che ciò che appare vitale per lui può essere assolutamente superfluo, futile, per il suo interlocutore. 
Il valore delle parole. La cattiva comunicazione può derivare dalla difficoltà di dire e di comprendere. Le parole possono avere un valore differente secondo le origini, le esperienze, gli umori degli individui. Noi diamo alle parole un’intensità, una tonalità, un’intenzionalità e un valore particolare ma non è sicuro che esse siano esattamente recepite dagli altri. 

La componente emotiva
Ciascuna persona pur inviando un messaggio razionale, trasmette una serie di tonalità emotive, che rendono ogni momento comunicativo differente dagli altri. Le emozioni sono determinate da molteplici fattori: esperienza, ambiente, la motivazione a comunicare 

L’interruzione
anche se fatta senza averne coscienza, è uno dei più frequenti e distruttivi modi di comunicare. Spesso accade che non si ascolta chi parla, ma si pensa a ciò che si dirà. 
Ciascun uomo è solito formulare un giudizio senza preoccuparsi si istaurare un rapporto di comunicazione, cioè il pregiudizio.

Lo schema della comunicazione

Roman Jakobson (1896–1982), linguista statunitense di origine russa, ha descritto il processo comunicativo indicandone sei elementi essenziali, ricorrenti in qualsiasi forma di comunicazione: mittente, o emittente, destinatario, o ricevente, messaggio, referente o contesto, canale e codice.

a. EMITTENTE è colui che dà origine all’atto comunicativo, cioè trasmette il messaggio

b. DESTINATARIO è colui al quale l’atto comunicativo è destinato, cioè riceve il messaggio
Un atto comunicativo potrà quindi rappresentarsi in questo modo:
l’atto di comunicazione, per essere tale, deve concludersi con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, pena la nullità dello stesso; se spedisco una lettera e questa non arriva al destinatario l’atto comunicativo non si è compiuto.
Ci sono alcuni casi particolari di rapporto emittente-destinatario:
– emittente e destinatario coincidono: in genere emittente e ricevente sono diversi; c’è, però, un caso in cui essi coincidono: quando l’io riflette, elabora, sogna, e quindi si rivolge a sé stesso:
– l’emittente diventa destinatario e il destinatario diventa emittente: questo continuo cambio di ruoli è caratteristico dei dialoghi.
– l’emittente si rivolge a più destinatari: pensiamo a una conferenza o a quando si scrive un libro. 

c. MESSAGGIO è l’insieme di informazioni inviate dall’emittente al destinatario
Se consideriamo emittente e destinatario come i due poli delle comunicazioni, l’insieme di informazioni che passano tra i due poli, ossia ciò che viene comunicato, si chiama messaggio.

d. CODICE è l’insieme di segni (e le regole per combinarli insieme) usati per comunicare Perché il messaggio possa venire compreso deve venire formulato mediante un codice (verbale o non verbale che sia) conosciuto sia dall’emittente sia dal destinatario.
Formulare un messaggio in un codice è una operazione di CODIFICAZIONE; comprenderlo, ossia interpretarlo, è una operazione di DECODIFICAZIONE. Trasportare un messaggio da un co- dice all’altro è una operazione di TRANSCODIFICAZIONE.

e. CANALE (CONTATTO) è il mezzo fisico usato per la trasmissione del segno dall’emittente al destinatario
Il messaggio codificato dall’emittente deve poter arrivare al destinatario, altrimenti la situazione comunicativa non si attua. Il canale rappresenta il mezzo mediante il quale il messaggio partito dall’emittente arriva al destinatario (se non utilizziamo la posta-canale, la lettera non arriva al destinatario e quindi è come se non l’avessimo mai scritta, ai fini comunicativi).

f. CONTESTO è il quadro d’insieme delle informazioni e conoscenze (linguistiche, storiche, culturali e situazionali) che, essendo comuni sia al mittente sia al destinatario, consentono l’esatta comprensione del messaggio.
Pur avendo decodificato correttamente il messaggio, il gemello sbagliato non riesce a capire il senso dello stesso, non riesce a farlo perché́ gli manca il contesto in cui inserire quel messaggio. Più in generale la comprensione dei messaggi rinvia a tre diverse tipologie di contesti:
– CONTESTO SITUAZIONALE = ambiente fisico, insieme di condizioni in cui avviene la comunicazione: la frase “Occorre un buon taglio” significa cose diverse se espressa dal barbiere, dal sarto, o trovandosi in una situazione difficile.
– CONTESTO LINGUISTICO = insieme di informazioni forniteci dagli altri elementi linguistici: la frase “50.000 giovani impazziti.” induce ad un senso di smarrimento se non fosse chiarito il senso con il successivo “Ieri sera a Milano il concerto di Vasco Rossi”)
– CONTESTO CULTURALE = come conoscenze di fatti, persone, idee, oggetti cui si riferisce
la frase “La Caritas accusa il Governo: sugli immigrati ha fallito” per essere pienamente compre- sa presuppone delle conoscenze relative al che cos’è la Caritas, di quale Governo si sta parlando, quali norme sono state emanate dal governo con riferimento agli immigrati
Oltre a quelli visti vi sono altri due elementi (non definiti da Jakobson) che sono in qualche modo collegati alle situazioni comunicative:

g. RUMORE = tutto ciò che disturba la comunicazione
Qualsiasi sia la natura del disturbo:
• legato all’emittente (per esempio, disturbi di pronuncia ad esempio) • legato al canale (segnale telefonico disturbato)
• legato al contesto (mancanza delle informazioni necessari)
h. RIDONDANZA = ripetizione della stessa informazione, magari usando codici diversi

Se per chiamare una persona oltre al messaggio linguistico “vieni!” uso, contemporaneamente an- che altri tipi di codice, ad esempio un cenno della mano e un sorriso, io moltiplico la stessa informazione e quindi si può parlare di ridondanza. La ridondanza, nelle intenzioni, si attua per facilitare la comunicazione.

Tipi di segni per comunicare
La comunicazione è innata in ogni essere vivente ed è un’esigenza naturale.
Esistono vari modi per comunicare ed ognuno di essi utilizza uno o più dei cinque sensi che l’uomo possiede. Avremo così comunicazioni uditive, visive, tattili, ecc …
-         Segno acustico: il clacson di un’automobile
-         Segno visivo: il gesto di saluto da parte di un amico
-         Segno tattile: un abbraccio
-         Segno olfattivo: un profumo
-         Segno gustativo: il sapore del cibo

Nel seguente esempio possiamo notare come un semplice messaggio possa essere inviato seguendo modalità differenti. Il vigile urbano, l’emittente, ed un automobilista, il ricevente; l’ordine di fermarsi è il messaggio. Quest’ultimo può essere manifestato in vari modi: dal fischietto (segnale acustico) alla parola ALT! (segno linguistico), dalla posizione del braccio alzata (gestuale), alla paletta (grafico) e al semaforo (luminoso).

Significante e significato
Il significante è il nesso materiale percepibile dai sensi che ci suscita il significato, un concetto astratto interpretabile e comprensibile da parte del ricevente.
Ad esempio, un segno di saluto è scomponibile in due parti: il significante, la mano (concreto) e il significato, il saluto (astratto). Il segno, infatti, è l’associazione di un significate con il relativo significato. L’atto comunicativo, in sintesi, è un segno.

Segni naturali e segni artificiali
I segni convenzionali, scaturiti da una convenzione, sono quelli artificiali mentre, i segni naturali, non sono soggetti a regole o accordi.
Esempi di segni naturali sono il rossore di una ragazza, delle orme sulla sabbia. Questi, per essere compresi o interpretati, necessitano di esperienza.
Tra questi ultimi è possibile eseguire un’ulteriore divisione:
-       Chi osserva le tracce, parte dalla constatazione di un rapporto causa-effetto tra oggetto ed evento, non immediato e non attuale, asincrono, come le orme sulla sabbia.
-       Chi rileva dei sintomi, stabilisce una relazione tra un fenomeno osservabile e un evento immediato, il sincrono, come le macchie del morbillo o una nuvola di fumo.
-       Chi raccoglie indizi, osserva una relazione oggetto-evento e partorisce una congettura (deduzione), come il fazzoletto lasciato dall’assassino sul luogo del reato.

·          Dai segni artificiali ai linguaggi
Il linguaggio non è altro che un sistema di segni artificiali finalizzato alla comunicazione con gli altri; ovviamente, esistono tanti linguaggi e sono tutti organizzati secondo precise norme e regole. Ad esempio, la comunicazione tra sordomuti è costituita da gesti comprensibili esclusivamente alle persone che conoscono le convenzioni di tale linguaggio.
I linguaggi gestuali sono immediati e pratici, ma hanno bisogno di un’interpretazione, che può essere soggettiva con il variare del ricevente, mentre quelli verbali o scritti, necessitano di una maggiore attenzione e cultura nella loro compilazione, nel contempo, il messaggio inviato risulta più chiaro e recettibile. I vari linguaggi si classificano in:
-         Linguaggi verbali, che utilizzano le parole: “Sempre caro mi fu quest’ermo colle”
-         Linguaggi non verbali, che non utilizzano le parole: un cartello stradale, un’icona, una foto, un gesto.         Linguaggi misti: linguaggi, che adottano sia segni visivi che parole: un cartello stradale con la scritta “USCITA à”

I linguaggi verbali sono, come dice la parola stessa, strutturati sulle parole: una parola non è altro che un segno e, come ogni altro segno, ha un significante e un significato.

I linguaggi non verbali, invece, vengono utilizzati sia dagli uomini che dagli animali e sono quelli visivi, iconici, gestuali, acustici, sonori, olfattivi, gustativi e tattili. I segni non verbali, però, devono essere tradotti attraverso un linguaggio verbale per poterli rendere meglio comprensibili.
I linguaggi misti sono una miscela di segni verbali e non verbali come ad esempio, un cartello pubblicitario, un segnale stradale. Inoltre, i linguaggi speciali come il morse o il braille sono considerati come linguaggi misti perché rappresentano un collegamento diretto segno-parola.

Codice
Il codice è l’insieme dei segnali intenzionali, organizzati secondo alcune regole precise, finalizzate alla produzione di messaggi; infatti, il codice è indispensabile per comprendere i segni, la chiave della comunicazione.
Per una comunicazione efficiente, è fondamentale conoscere il codice utilizzato, sia per la codificazione, cioè la creazione di un messaggio da parte dell’emittente, che per la decodificazione, ossia interpretazione del messaggio da parte del ricevente.

·          Le caratteristiche del codice
Intenzionalità, convenzionalità. Il codice è il mezzo che evidenzia la volontà dell’emittente, infatti, per farsi ben comprendere esso utilizza un codice che rispetta una determinata convenzione. Per la corretta riuscita di una comunicazione, vi è la necessità dell'intenzionalità del codice ossia il legame intrinseco che c’è fra il significante e il significato; il rispetto di regole e grammatiche è necessario per la chiarezza del messaggio stesso.


Comunichiamo con i segni: le parole, le espressioni facciali, le immagini sui cartelloni pubblicitari, i segnali stradali, alcuni suoni o colori sono segni.
Un segno, per definizione, è una entità bifacciale, composta da significato e da significante.
In altre parole, il significato è il concetto espresso, il significante è il supporto materiale che lo esprime.
Prendiamo l'esempio di un segnale stradale, il divieto di accesso. Il significato è: "non si può passare per di qua". Il significante è un cerchio rosso con una banda bianca orizzontale che divide il disco rosso a metà. Le due cose insieme, sono un segno.
Abbiamo una icona quando il segno assomiglia al concetto rappresentato, ad esempio l'icona russa della Madonna con il Bambino. Il significante assomiglia effettivamente a una donna che tiene in braccio un infante.
Abbiamo un simbolo quando il significante utilizzato è frutto di una convenzione ma non assomiglia al concetto espresso nella realtà.
Abbiamo un indice quando il segno è naturale, non è frutto di convenzione e non assomiglia al concetto espresso che si intende rappresentare.

Il significato
Il significato è un concetto espresso mediante segni che possono essere grafici, verbali-orali, o mediante cenni e gesti. Il significato permette di capire o esprimere il senso, il valore o il contenuto del segno. Secondo il linguista ginevrino Ferdinand de Saussure, il segno linguistico è costituito dall'unione di un significato (un concetto, cioè la nozione mentale che abbiamo di un determinato oggetto) con un significante (cioè una forma sonora, o un'immagine uditiva).
In semantica, il significato è la nozione o immagine mentale generica che possediamo di un oggetto. È indicata graficamente o foneticamente dal significante e si riferisce all'albero reale al di fuori della sfera linguistica, detto referente.
Dello studio del significato si occupano la semiotica, la semantica e la filosofia. In semiotica, il significato è uno dei vertici del triangolo semiotico postulato da Charles Peirce, come mostrato nella figura accanto.
Per quanto riguarda la porzione di realtà indicata, si distingue in genere tra:
  • denotazione, ovvero ciò che una parola indica in quanto tale
  • riferimento, ovvero ciò che una parola indica in una frase determinata

Connotazione e denotazione
La denotazione è un termine della linguistica che distingue il significato principale di una parola, o enunciato, rispetto alla connotazione, ossia alla carica psicologica associata al termine. Nel caso di una parola singola, la denotazione è la prima definizione che daranno un dizionario o un'enciclopedia. 

Denotazione e connotazione sono termini che si riferiscono ai diversi modi di intendere il significato di una parola.Per denotazione intendiamo il rapporto tra la parola e l’ oggetto che vuole significare; la connotazione invece indica il significato nascosto (metaforico) di una parola che si riconduce spesso  ai sentimenti del poeta.

Se prendiamo come esempio la parola "deserto", può indicare un luogo geografico (denotazione) oppure una condizione umana (connotazione: deserto dell'anima = solitudine); in generale la   denotazione è tipica della prosa, mentre la connotazione è diffusa nella poesia.
Ogni parola ha un significante, un significato e un referente.
- il significante è il suono della parola o la sua grafia
- il significato è il senso che diamo a un simbolo grafico o a un suono      
- il referente è l’oggetto a cui diamo quel nome determinato
 Il significante cambia a seconda della lingua che si usa, mentre il referente è un concetto associato a quel suono.
Il significato è invece l'insieme di stati d'animo, di esperienze passate, di aspettative che ciascuno di noi associa al referente e quindi varia in modo soggettivo. Dal significato delle parole nasce la loro capacità di associarsi ad immagini diverse a seconda di chi le utilizza e di chi le ascolta; l'uso delle figure di significato è quindi personale e questo le rende suggestive, ma talvolta di difficile interpretazione.

La Pragmatica
La pragmatica è una disciplina della linguistica che si occupa dell'uso contestuale della lingua come azione reale e concreta. Non si occupa della lingua intesa come sistema di segni; al contrario, osserva come e per quali scopi la lingua viene utilizzata, individuandone la misura con cui soddisfa esigenze e scopi comunicativi. Più nello specifico, la pragmatica si occupa di come il contesto influisca sull'interpretazione dei significati. In questo caso, per "contesto" si intende "situazione", cioè l'insieme dei fattori extralinguistici (sociali, ambientali e psicologici) che influenzano gli atti linguistici.
La semantica ha per oggetto l’insieme di relazioni che sussistono tra espressioni linguistiche e mondo. È in virtù di queste relazioni che le espressioni linguistiche possiedono significato.
La pragmatica studia gli usi delle espressioni linguistiche in varie pratiche sociali, a cominciare dagli ordinari processi di conversazione e comunicazione.



Linguaggi non verbali
La comunicazione non verbale è quella parte della comunicazione che comprende tutti gli aspetti di uno scambio comunicativo che non riguardano il livello puramente semantico del messaggio, ossia il significato letterale delle parole che compongono il messaggio stesso, ma che riguardano il linguaggio del corpo, ossia la comunicazione non parlata tra persone. Inoltre, importantissimi sono i tanti codici della cultura comune i quali ci aiutano a capire i vari messaggi che le parole, i toni e i movimenti del corpo, esprimono solo parzialmente.

Il linguaggio del corpo fa parte della comunicazione non verbale. In quest'ambito si interpretano, varie caratteristiche, ai fini dell'interazione sociale, postura, gesti, movimenti, espressioni e mimica che accompagnano o meno la parola rendendo la comunicazione umana più marcata, ancora più chiara e comunicativa. Attraverso il linguaggio del corpo si riesce a conoscere l'individuo nella sua interezza ed interiorità, sia che si usino o meno alcuni gesti o che si compiano determinati movimenti. La mimica, in generale, rivela i pensieri e le intuizioni altrui più delle parole.

Cinesica

La cinesica è lo studio della comunicazione non verbale, o paralinguistica, e, soprattutto, di quella che si attua attraverso i movimenti, i gesti, le posizioni, la mimica del corpo, in modo volontario o involontario. Fa particolare riferimento ai codici comunicativi antropologici, culturali o artificiali, quali i gesti di cortesia o di disprezzo, la gestualità nelle varie tradizioni teatrali, la gestualità oratoria, il mimo, il linguaggio gestuale muto dei monaci di clausura, dei sordomuti, degli zingari ecc., le modalità del bere e del mangiare, l’etichetta e così via.

Prossemica
Parte della semiologia che studia il significato assunto, nel comportamento sociale dell’uomo, dalla distanza che l’individuo frappone tra sé e gli altri e tra sé e gli oggetti, e quindi, più in generale, il valore attribuito da gruppi sociali, diversi culturalmente o storicamente, al modo di porsi nello spazio e al modo di organizzarlo. Uno spazio fisico o sociale, può essere vissuto in modi differenti sia che si tratti, per esempio, di uno spazio fisico, angusto e accidentato, oppure esteso e facilmente occupabile, sia che si tratti di uno ‘spazio’ all’interno di un partito politico, di una entità di lavoro, della famiglia, del gruppo di vicinato, e così via. Nell’ambito della famiglia, per es., fenomeni quali l’espansione affettiva, l’isolamento, la promiscuità dei sessi e delle generazioni sono strettamente dipendenti dall’organizzazione e dall’occupazione degli spazi interni. Lo stesso vale per la formazione di gruppi di vicinato negli agglomerati urbani, dove, per quanto gli spazi siano notoriamente piccoli, si assiste a una scarsa formazione di interazione, in quanto vengono a mancare le occasioni di incontro tra gli inquilini. La sociologia stessa può essere definita una p. generale. L'analisi di una società, infatti, può essere limitata, senza che perda tuttavia rilevanza sociologica, allo studio della distribuzione della popolazione sullo spazio fisico, alle trasformazioni impresse al territorio, alle forme di insediamento e così via.

Ornamento del corpo
Per ornamento , si intende tutto ciò che si aggiunge per conferire bellezza, eleganza, e quindi, in genere, ogni elemento decorativo.
Nell’antropologia, tutti i gruppi umani fanno grande uso di o. personali di ogni tipo: collane, bracciali per braccia e gambe, orecchini, o. per il capo, fatti di semi, piume, conchiglie, osso o avorio, perle, metalli ecc. Oltre all’uso di simili oggetti e materiali, in tutte le culture il primo elementare supporto per forme di o. personale è il corpo, sottoposto a manipolazioni di carattere estetico e simbolico. Si va dalle molteplici forme di acconciatura dei capelli alle diverse possibilità di operare fori (perforazione labiale, nasale o dei lobi) in cui applicare oggetti decorativi, fino a modificare parti del corpo (la possibilità di modellare il cranio, praticata da popolazioni maya, o la pratica di deformare i piedi delle donne, di alcune aree cinesi). Molto diffusi, specie in occasioni cerimoniali, sono poi la pittura del corpo, le scarificazioni e il tatuaggio.

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