Inconscio e psicoanalisi
Inconscio
L’uomo, per quanto la mente segua dei meccanismi, non riesce ad attribuire un significato al nostro comportamento, ai pensieri, desideri e non riesce a dare una spiegazione ai sogni. Sappiamo, però, che sono condizionati dall’inconscio, cioè la parte mentale che influenza i comportamenti, le decisioni ed emozioni. La psicoanalisi è una disciplina con lo scopo di esplorare l’inconscio, cioè ciò che va oltre la consapevolezza.
L’idea di introdurre il concetto di inconscio nella psicologia, era molto criticato, partendo dal presupposto che ogni azione fosse conscia.
Sigmund Freud, studioso austriaco, fondatore della psicoanalisi, era dell’idea che l’inconscio sta alla base della vita mentale. La psicoanalisi porta alla luce le dinamiche dell’inconscio, causate da forze e conflitti nell’inconscio.
Sigismund Schlomo Freud, noto come Sigmund Freud, è stato un neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco, fondatore della psicoanalisi, sicuramente la più famosa tra le correnti teoriche e pratiche della psicologia.
Ogni indviduo nasce con una quantità “fissa” di energia, la libido, meglio conosciuto come sessualità, le pulsioni di autoconservazione ed infine l’aggressività. Questa parte è definita da Freud l’Id. entrando in contatto col mondo esterno nei primi anni di vita, si crea l’Ego.
L'inconscio collettivo
L'inconscio collettivo
L'inconscio collettivo è un concetto della psicologia analitica coniato da Carl Gustav Jung. L'inconscio collettivo, in opposizione all'inconscio personale, è condiviso da tutti gli uomini e deriva dai loro comuni antenati.
Il concetto di inconscio riguarda la dimensione “sommersa” dell’individuo.
Carl Gustav Jung è stato uno psichiatra, psicoanalista, antropologo, filosofo e accademico svizzero, una delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico e psicoanalitico.
Jacques Lacan è stato uno psichiatra, psicoanalista e filosofo francese, secondo alcuni uno dei maggiori del suo tempo.
L’inconscio di Lacan è quello di Freud. Non è qualcosa di mistico o di ineffabile, non deve essere inteso come qualcosa che non sappiamo ancora ma che un giorno sapremo per una presa di coscienza più approfondita o per le vie delle neuroscienze. L’inconscio non è come un sacco che conterrebbe le esperienze rimosse, gli affetti reali o immaginari di un tempo, le esperienze traumatiche da far rivivere e che si ripescherebbero tramite le psicoterapie. Tutte queste cose non sono in un sacco, ma sono in superficie, presenti quando un soggetto parla, in ciò che egli dice, per esempio nella dimenticanza di un nome, nella vacillazione di una parola, nel lapsus o nel taglio del discorso, in cui sorge, all’improvviso, qualcosa come una trovata, una sorpresa, che Freud assimila al desiderio inconscio.
Dell’inconscio noi conosciamo le sue formazioni, ossia i sogni, i lapsus, gli atti mancati, eccetera, le quali si presentano come elementi di una rete. Questi elementi, che noi chiamiamo significanti, ritornano, rivengono, si incrociano, si intersecano e, sebbene evidenti o reperibili anche nella vita comune, diventano strumenti operativi nel corso dell’esperienza psicoanalitica, poiché rivelano, nello scarto tra quello che il soggetto vuol dire e quello che egli effettivamente dice dove, nel sintomo che lo fa soffrire, si annida uno strano godimento a lui stesso oscuro, di cui spesso si vergogna e di cui, comunque, non ne vuol saper niente.
Da qui Lacan deduce che l’inconscio è una struttura simbolica e non un contenitore immaginario: è questo il senso del suo aforisma l’inconscio è strutturato come un linguaggio.
Traumi e i meccanismi di difesa dell’io
Il trauma psicologico si ha come conseguenza di un evento, o una sequenza di eventi, con caratteristiche tali da interrompere la continuità normalmente avvertita da un soggetto tra esperienza passata ed intenzionalità. Per essere chiamato "traumatico" l'evento deve produrre nell'individuo un'esperienza vissuta come "critica", eccedente cioè l'ambito delle esperienze normalmente da lui prevedibili e gestibili. Il trauma è quindi un esempio di stress di gravità estrema, che minaccia l'integrità stessa della coscienza.
Un meccanismo di difesa, nella teoria psicoanalitica, è una funzione propria dell'Io attraverso la quale questo si protegge da eccessive richieste libidiche o da esperienze di pulsioni troppo intense che non è in grado di fronteggiare direttamente.
Lo studio dei meccanismi di difesa è originato da Sigmund Freud ed è stato condotto da diversi psicoanalisti; in particolare sono di ampio rilievo i contributi della figlia di Freud, Anna Freud nel suo libro L'Io e i meccanismi di difesa
La teorizzazione dei meccanismi di difesa è mutuata dall'esperienza clinica di vari psicoanalisti nell'osservazione delle più comuni reazioni dei pazienti a esperienze particolarmente penose o considerate insuperabili, ma anche nei confronti di situazioni relazionali comuni, che però creano difficoltà nell'integrare la sfera delle pulsioni e quella morale. Per estensione in psicologia si intendono tali tutti i meccanismi psichici, consci e inconsci, messi in atto dall'individuo per proteggersi da situazioni ambientali, esistenziali e relazionali dolorose o potenzialmente pericolose.
Meccanismi di difesa comunemente riconosciuti
· Negazione: variante meno grave della denegazione o diniego o forclusione in cui vi è una completa scotomizzazione del dato di fatto conflittuale, senza alcuna consapevolezza di ciò. Nella negazione di livello nevrotico quello che viene negato è solo l'affetto, mentre il rapporto con la realtà è di norma mantenuto. Il diniego, presente solitamente nelle psicosi, viene utilizzato quando il pericolo potenziale per il mantenimento della struttura psichica è estremo. Ovviamente, l'uso massiccio della negazione produce conseguenze negative nei confronti della possibilità di risoluzione di un problema sul piano di realtà; per cui questo meccanismo è in genere disadattativo e disfunzionale. È disadattivo perché non permette la risoluzione di un problema, invece è disfunzionale in quanto provoca un danno all'individuo.
· Dissociazione e scissione: Scissione: separazione "verticale" delle qualità contraddittorie dell'oggetto, buone e cattive, e di conseguenza dei sentimenti ad esso relativi, spesso vissuti come non integrabili, "tutto o nulla". Dissociazione: i diversi aspetti della realtà mentale o di un evento spesso traumatico restano "relegati" in diversi settori dell'attività cosciente. Tipicamente presente, in senso disadattivo, nei Disturbi Dissociativi dell'Identità, più noti come "personalità multiple", o nelle esperienze di depersonalizzazione e derealizzazione. Quindi mentre nella scissione vengono integrati gli aspetti cognitivi e non quelli affettivi, nella dissociazione sia aspetti cognitivi che affettivi sono tenuti separati, generando per esempio una personalità A e una B.
· Idealizzazione: costruzione di caratteristiche del Sé o dell'oggetto, onnipotenti e non rispondenti alla realtà oggettiva, al fine di proteggere i bisogni narcisistici. È il meccanismo di difesa attraverso il quale si proietta su una persona una "perfezione" che non c'è. Abbiamo un'idealizzazione primaria, usata nell'infanzia quando il bambino ha un'altissima considerazione nei confronti dei propri genitori. Si può trovare anche nell'innamoramento, specialmente quando ci si innamora di qualcuno che sembra perfetto, e che ovviamente non esiste. Spesso l'idealizzazione è una formazione reattiva il cui scopo è quello di nascondere, con il suo opposto, l'aggressività che si prova per una determinata persona.
· Identificazione: auto-attribuzione ed "assunzione" di caratteristiche e qualità proprie dell'oggetto stimato e amato. È fondamentale nello sviluppo del bambino, che "copierà" caratteristiche dei genitori e di altre persone significative nel corso della sua educazione.
Il tratto di introversione-estroversione è una dimensione centrale della personalità umana. Gli estroversi tendono ad essere socievoli e assertivi mentre gli introversi tendono ad essere più riservati, riflessivi e meno socievoli. Questi ultimi non sono necessariamente solitari, ma tendono comunque ad avere circoli di amici di dimensioni piuttosto ristrette e hanno meno probabilità di riuscire ad avere relazioni sociali con nuove persone. Essi in genere non hanno bisogno di cercare negli altri l'emozione perché di per sé sono propensi a fantasticare e riflettere.
· I termini introversione ed estroversione furono diffusi per la prima volta da Carl Gustav Jung. Praticamente tutti i tipi di personalità comprendono questi due concetti.
L'introversione è un orientamento tipologico della personalità caratterizzato da un ricco corredo emozionale che, comportando un rapporto con la realtà prevalentemente intuitivo ed empatico, obbliga il soggetto a interrogarsi, in maniera più o meno organizzata intellettivamente, sulla complessità che si cela dietro le apparenze, e quindi interferisce, in misura diversa, sull'adattamento al mondo così com'è.
La frequenza con cui un orientamento introverso si riscontra nella biografia di santi, scienziati, filosofi, scrittori, poeti, pittori, parecchi dei quali sperimentano anche qualche disagio psicologico, attesta che esso è ricco di potenzialità creative, ma non immune da rischi.
I rischi sono riconducibili, per un verso, all'apertura della mente sulla frontiera dei mondi e dei modi di essere possibili, che comporta una perpetua tensione emozionale e intellettuale, e, per un altro, all'interazione con l'ambiente socio-culturale, in particolare se esso esercita continue sollecitazioni nella direzione di una "normalizzazione" forzata della personalità introversa sulla base del modello dominante estroverso.
In un certo numero di soggetti, le influenze ambientali possono produrre uno sviluppo "patologico" dell'introversione sotto forma di "introvertimento", che comporta la tendenza a ripiegarsi in sé stessi, a interessarsi in modo prevalente del proprio mondo interiore, ma a differenza dell'introversione questo è più un periodo che può anche passare.
Il tratto di introversione-estroversione è una dimensione centrale della personalità umana. Gli estroversi tendono ad essere socievoli e assertivi mentre gli introversi tendono ad essere più riservati, riflessivi e meno socievoli.
Nessun commento:
Posta un commento